Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

Record Details:

Something wrong or inaccurate about this page? Let us Know!

Thanks for helping us continually improve the quality of the Lantern search engine for all of our users! We have millions of scanned pages, so user reports are incredibly helpful for us to identify places where we can improve and update the metadata.

Please describe the issue below, and click "Submit" to send your comments to our team! If you'd prefer, you can also send us an email to mhdl@commarts.wisc.edu with your comments.




We use Optical Character Recognition (OCR) during our scanning and processing workflow to make the content of each page searchable. You can view the automatically generated text below as well as copy and paste individual pieces of text to quote in your own work.

Text recognition is never 100% accurate. Many parts of the scanned page may not be reflected in the OCR text output, including: images, page layout, certain fonts or handwriting.

LA RINASCITA SVEDESE IL CINEMA SVEDESE HA SENTITO CON SCRUPOLOSA ESATTEZZA LA VOCE DI UNA LETTERATURA STRAORDINARIA ALLA QUALE HA CHIESTO IL PIÙ DELLE VOLTE ISPIRAZIONE DIRETTA NON è stata preveduta da nessuno la recente ripresa del cinema svedese, testimoniata dal successo veneziano di un mese fa. giovanotto, godi la tua giovinezza di Per Lindberg, pescatori di balene di Anders Herikson e un pugno di riso di Paul Fejos e C minar Skoglund sono appena tre film, ma abbiamo visto che bastarono a fare un punto lusinghiero. In verità, non era facile prevedere dal difuori tutto questo. Leggete Pasinetti, osservatore ben fornito e che sul passato non prende mai errore (uno storico non ha da essere anche profeta), leggete le sue ultime avvilite pagine sul cinema svedese. Film di Stoccolma ne vengono di rado a Venezia, mai nelle comuni sale di proiezione: da qualche tempo, anche al Festival, nessun segno, o così labili. Il fortunato terzetto del '39 ha sorpreso tutti. Il primo e il secondo film svedesi che vidi a Copenaghen, quest'anno, non confortarono di certo neanche me. L'uno era interpretato da Edgar Persson, un comico grasso il quale partecipò, si, come caratterista, a qualche film di medio calibro ai tempi di Stiller e di Sjòstròm, ma non ne ritrasse vantaggi a quel che p<are: egli si sbraccia senza costrutto, parla troppo con una voce affannosa e cavernosa, il suo comico è adiposo come la sua figura. Il secondo, sole sulla Svezia, era un film di quelli che la gente definisce « spassosi », mi ricordava i film di Heinz Rùhmann un poco, e un poco le commedie-operette piene di viaggi in automobile che Wilhelm Thiele faceva prima del congresso si diverte (o durante), nutrendole con le blandizie di Lilian Harvey o di Liane Haid e condendole di Paul Hòrbiger o di Theo Lingen o di Paul Kemp. Niente di nuovo, buona fotografia, recitazione sfasata. C'era poi un Sjòstròm sui cartelloni, ma era un Sjòstròm soltanto attore, le fotografie ritraevano il suo solenne volto senile, doveva essere un dramma grigio e intimista, forse la storia di un padre disgraziato fornito di figli « modernisti » a quel che si poteva indovinare; girai su e giù attorno all'ingresso del cinematografo, sempre scrutando, chissà non venisse fuori d'improvviso il senso nascosto, fantastico, contenuto in una di queste immagini; una volta Siòstròm aveva diretto e interpretato un vampirq, ventisei anni fa: amava le stregonerie. Ma mi parve, dopo accurate osservazioni, che i segni non ci fossero più, e l'uomo fosse divenuto borghese. Non ebbi il coraggio ili entrare; troppo triste poteva essere vedere il cinema svedese ridotto tra quattro mura. Ma ecco che pochi giorni dopo i critici danesi mi avvertono, dai loro articoli, che c'è un film forte e promettente, un film svedese : si chiama un viso di donna, l'ha diretto Gustai Molander e l'ha interpretato la nuova « stella » Ingrid Bergman, che poi ha avuta una scrittura in (Germania, e tutti le preannunciavano Hollywood, com'è di prammatica in questi casi. Lo scenario è di Còsta Stevens; il soggetto è tratto da un dramma di Francois de Croisset, // étaìt une fois; operatore quell'Oke Oahlqvist che ha preso parte pure a giovanotto, godi la tua giovinezza, oggi, e a molti film classici ieri. Questo film passò l'anno scorso a Venezia, ma senza clamore. Non che si tratti di una cosa eccezionale, ma lo spettatore volenteroso sapeva trarre il suo sugo, si sentiva rimesso su una strada promettente. Anche la storia di un viso di donna ha i suoi pregi, primo fra i quali l'invenzione centrale: una donna, che potrebbe essere bellissima se il suo viso non fosse sfigurato da una sinistra cicatrice, e il cui animo risente la imperfezione fìsica. Ora, questa conseguenza psicologica è chiarissima al primo apparire in campo della ragazza; nessuno ce lo 'Un viso di donna' di Gustaf Molander dice, è l'immagine che parla. Questo senso, come al buon tempo del cinema muto, è implicito nella presenza visiva del personaggio, il quale rientra nella drammaturgia elementare (il brutto mostruoso del fisico in corrispondenza con l'interno), e tanto meglio in quella del cinema semplice. La situazione ha qualche sviluppo banale o almeno non sorprendente: la ragazza viene guarita da un grande chirurgo, e, dopo peripezie ingegnose e che tengono efficacemente sospesi, finisce col partire come crocerossina insieme con lui, per una spedizione in Oriente. Questo è male. Ma è bensì persuasivo il modo lento e faticoso col quale la nuova Anna Holm, quella del viso riabl>ellito, combatte contro il passato dell'Anna Holm sfregiata, la quale era complice di delinquenti e albergava nerezze nel cuore. E buoni gli sviluppi di questo combattimento. Eccellente, si ripete, l'interpretazione schietta della nuova stella, che ha un viso carnoso e adolescente, però mutevole e invece hiabile, per così dire; alta elegante figura di svedese, senza i nodi garbeschi, e con il medesimo richiamo. Fu sempre lei, in un film dell'anno precedente, che mi colpì all'occasione successiva. Ancora di Molander, soggetto e regìa, era intermezzo, con Còsta Ekman, Bergman e Edgar Persson. Spunto falso e letterario. Un violinista più che quarantenne, di fama mondiale, moglie e figli, s'innamora di una giovane pianista; passa con lei mesi di follia, poi, sacrificandosi lei per amore della quattordicenne figlia di lui, egli ritorna pentito alla propria casa. Ekman, attore stilizzato, come dicono i borghesi, tremebondo e accademico, si dura fatica a sopportarlo, con il suo dolore decorativo, la sua passione decorativa, i suoi pittoreschi pentimenti : avendo un famoso naso etereo e spiegato in volo, lo inarca di continuo e ne fa vibrare le pinne, e la bella bocca sottile atteggia a sconsolazione. Còsta Ekman fu il più celebrato attore teatrale scandinavo degli ultimi vent'anni (morì poco dopo questo film, verso la fine dei 1937, appena cinquantenne), ma si sospetta oggi giustamente che tale sua fortuna egli la dovette alla sua efebica bellezza, alla sua voce allusiva e velata, a scandali di donne, di alcool e di stupefacenti. Difatti oggi la critica seria non lo accetta più. 223