Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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scosti. Per questo la letteratura svedese ha sempre avuto il potere di sorprendere l'Europa e di indicare nuove fresche sorgenti. Il popolo svedese è austero e freddo all'esterno, ma nell'interno custodisce una fantasia coraggiosa, bruciante, che esalta il sogno più leggero e etereo : è qui che nascono popolazioni di troldi e di folletti, è qui che Selma Lagerlóf ha potuto trasformare un libro di geografia pei fanciulli in un poema mitico, con // viaggio meraviglioso di Nils Holgersson attraverso la Svezia. Una gran favola degna di Andersen, nella quale i « tomtar », i folletti, giocano un attivissimo ruolo, nani laboriosi e benefattori, troldi e oche selvatiche; e la geografia si trasforma via via in fantasiosissima leggenda, ogni forma della costa dà origine a un'interpretazione fiabesca, di tono epico e popolare. Opera più svedese, difficile pensarla. E' per questo che anche il cinema, quello di Stiller, di Sjòstròm e di ispirati minori quali Hyltén Cavallius, Edgren, Lindberg, Brunius, Carlsten, e soprattutto Molander, seppe un bel giorno, al pari della letteratura, sorprendere il normale e normalizzato mondo cinematografico. Tanto più oggi, che nel mondo cinematografico non succede più niente, una gran ventata d'aria frizzante fa sussultare ognuno. Il cinema svedese è risorto perchè è stato una scuola, affiatata e artigiana, dal 191 2 al 1925, e perchè tale è rimasto negli anni meno fortunati: così quando è rivenuto il momento buono, erano tutti al loro posto, e si conoscevano da tanti anni come fratelli; chi entrava ora, giovane, veniva accolto con affetto e istruito. A somiglianza della gente di Upsala, al tempo di Erik Gustaf Geijer, in cui tutti gli amabili e coltissimi cittadini di quella città universitaria si occupavano di lettere, poetavano, raccoglievano diarii e si scrivevano epistolarii rimasti come preziosa testimonianza di un'epoca e di un costume, cosi la più rozza e spicciativa gente del cinema è rimasta in gelosa armonia, ha saputo ritracciare una strada che sempre più minacciava di perdersi nelle nebbie di memorie sbiadite. Svedesi anche questi, fantastici e candidi, chiusi e sentimentali. Paese dei luoghi freddi, delle primavere accese e delle notti chiare, la Svezia sottopone gli spiriti dei suoi abitanti a sbalzi tempestosi per effetto del clima : ogni tanto sotto le spoglie gravi e imponenti dei giovani svedesi dal passo agile e duro insieme e dall'eleganza misurata, nascono tumulti e crisi, e forse amori sconvolti. Se s'ubbriacano, difatti, divengono allegri e rumorosi, per discacciare il ricordo di mesi di decorosissima temperanza. In questa gente solitaria e immaginosa, l'amore della natura ha gran posto, logico dunque che il cinema lo ereditasse, e sentisse l'influenza di poeti come Fróding, Lagerlóf, Heidestam, che sovente, « col cuore sul labbro », celebrano lo splendore delle acque e degli alberi, i laghi di caldo colore coi tronchi che galleggiano, le pianure vaste. Il cinema svedese non fu un cinema provinciale, come taluno ha detto, appunto perchè ha sentito con scrupolosa esattezza la voce di una letteratura straordinaria alla quale ha chiesto il più delle volte ispirazione diretta. GIANNI PUCCINI N. B. Ho dovuto scrivere con la grafia italiana certe lettere che non trovano corrispondenza nella nostra lingua; ad esempio Oke, che in svedese è un A sormontato da un cerchietto. Assia Noria in 'Dora Nelson' Urbe Film, I. C. I. (foto Vaselli) TEMPO PERDUTO ANCHE questo Cinema arma del tempo nostro (« La Prora », Milano) di Vinicio Araldi, potrebbe essere un atlante cinematografico, una sorta di atlante statistico, più che un libro tecnicamente in ordine a una valutazione critica del cinema « arma del tempo nostro ». Dal titolo si presumerebbe uno studio, almeno, sulla propaganda e il cinema attraverso il poco tempo che il cinema vanta; e ancora, e di più, sulla propaganda cinematografica. Ma dopo aver letto 1 diciannove capitoli e l'appendice {dedicata all'organizzazione cinematografica e a un tentativo di popolarizzazione, se non di volgarizzazione, dei termini più intimi della produzione) che di questo volume costituiscono la « sceneggiatura », è facile accorgersi coinè, davvero, sia una costante quella di buttarsi molta gente su argomenti di attualità, con spiccato senso di opportunisti. Ma su questo sorvoliamo. Il libro di Araldi è dedicato a S. E. Bottai, ma ci pare che il nostro Ministro meritasse qualcosa di più, qualcosa di meglio. Prima di esaminare il contributo portato dall'A. alla bibliografia italiana cinematografica, crediamo che la citazione di alcuni luoghi comuni, sciatti e poveri, possa mettere in diretta relazione e contatto il lettore con lo scrittore di Cinema arma del tempo nostro. Citiamo poco, ma con ordine. — a pagina 7: « Il cinema, questa nuovissima espressione della civiltà, che in un solo quarantennio ha saputo raggiungere la completa conquista degli spinti, etc. »; — a pagina 9: « 1 più grandi letterati del mondo avvinti dalla forza del suo verbo... »; — a pagina 25: « l'arte delle ombre »; — a pagina ìoy. « il cinema, quale modernissima espressione d'arte ». Basta? Basta. Si rivela subito essere il libro dell'Araldi una serie di articoli da giornale di provincia, riuniti per formare le pagine necessarie alla mole d'una pubblicazione. E gli articoli sosto piuttosto noiosi; il tono è povero, e anche se l'informazione non è vaga, essa è piuttosto sommaria misera e grama, palesandosi troppo aderente al testo delle tabelle' pubblicitarie e dei bollettini d'informazioni delle case editrici cinematografiche. Errori di valutazione sono ovunque. S'intende subito come non sia competente l'Araldi di fronte al tema « cinema come arma ». L'esame degli aspetti cinematografici net diversi Paesi del mondo è affrettato e limitato. Dal punto di vista informativo puro e semplice, pagine di questo libro si rivelano ricche di nomi: titoli di produzioni antiche e recenti, e nomi di produttori e registi e attori e attrici, e statistiche. Di interesse ci appare soltanto la parte relativa all'Italia (nascita del film italiano, e storia della produzione e affermazione dell'industria nostra nel mondo). Sugli errori di valutazione torno ancora per chiudere: questo periodo, tolto da pagina trentadue, ci pone davanti a una domanda, cioè se sia VA . male informato o in mala fede: « La industria cinematografica francese nella sua attuale condizione, è in periodo sommamente difficile, riflettendo la crisi che stringe sempre più forte le industrie di quella nazione ». Riguardo ai capitoli su Inghilterra, America, Svezia, Germania, Russia etc, saremmo tentati verso un « bene gli altri », generico. Sì, generico termine « bene gli altri » — come il libro è generico, anonimo, quasi. RENATO GIANI 225