Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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Le prese del Williamson furono fatte a luce solare, oppure, durante la notte, valendosi di lampade di quarzo della potenza di 2400 candele, situate al di sopra della cabina in modo da illuminare una vasta area del fondo. Il tempo di esposizione era presso a poco lo stesso per la luce diurna e per quella artificiale : da un trentesimo a un settantesimo di secondo, a una profondità da cinque a venticinque metri. Ci si può servire di una qualsiasi emulsione, a condizione di tener presente che il colore predominante è il blu. La natura del soggetto ha peraltro la sua importanza: la sabbia essendo più luminosa della vegetazione acquatica il diaframma può essere ridotto quando si fotografa su un fondo sabbioso che rifletta più intensamente la luce. E' consigliabile anche adottare dei filtri che, assorbendo il blu, facciano sparire quel velo opaco che si presenta nelle riprese superiori ai sette, otto metri. Girando dei film a colori non è necessario l'uso di alcun filtro; in questo caso bisogna tener presente che la prevalenza del blu ha un effetto sensibile sulla resa dei colori. La pelle umana, per esempio, a una certa distanza diviene bianchissima. A mano a mano che il soggetto si avvicina, diminuendo l'assorbimento del blu, la pelle riprende il suo colore normale. Lo stesso effetto si produce sul colore dei costumi da bagno. Le vedute sottomanne sono popolate di pesci : alcuni di questi, estremamente pigri, restano per delle ore immobili allo stesso posto. Altri invece, che sembrano mossi da una straordinaria curiosità, si affollano davanti all'obiettivo causando non poca noia all'operatore che non sa come liberarsene. Un altro tecnico delle riprese sottomarine, l'ingegnere Hans Hartmann, ha di recente perfezionato un apparecchio denominato « macchina da presa sottomarina a televisione » in quanto comprende un dispositivo di televisione per la scelta e l'osservazione del soggetto sottomarino a distanza. Naturalmente, riprese subacquee possono essere seguite anche da sottomarini. Quando nell'estate del 1930, Sir Hubert Wilkins tentò di giungere al Polo Nord passando sotto ai ghiacci col Nautilus, a bordo era anche un operatore — John Dored — che girò alcune centinaia di metri di pellicola. Per quanto abbia usato solo l'apparecchio fotografico e non la macchina da presa, non si può ignorare l'interessantissimo esperimento del prof. Beebe che con la sua batisfera discese a più di 900 metri di profondità raccogliendo una imponente documentazione. Nel campo della pura cinematografia scientifica sottomarina sono poi degni di rilievo i lavori di Jean Painlevé che, avendo bisogno di immergersi a grandi profondità per delle riprese documentarie, ha adottato uno scafandro leggero e si è munito di una macchina da presa, a funzionamento automatico e a chiusura ermetica, legata al corpo. I risultati raggiunti, pur essendo ancora lontani da quella perfezione che sarebbe desiderabile per una più proficua osservazione scientifica, hanno già aperto un vastissimo campo alla conoscenza umana. V. a. MARINI ESTERNI IN ALTO ADIGE Maria Gardena, interprete di ' Ho veduto brillare una stella' (f . Pesce) IN QUESTI ultimi tempi il cinematografo sembrava ormai destinato a vivere ambientando le sue vicende nei paesaggi di gesso e cartone ricostruiti negli interni dei teatri di posa illuminati dal sole artificiale delle batterie di proiettori. E questa tendenza che ormai sembrava divenuta abitudine faceva disperare sulla possibilità di vedere una volta sfruttata la ricchezza e la varietà del nostro meraviglioso paesaggio, questo paesaggio che pure ha trovato poeti e pittori ma non registi e operatori capaci di guardarlo con intelligenza e con amore. I motivi che hanno determinato questa « fos'silizzazione » del cinematografo, sono molti e di vario carattere e il loro esame non gioverebbe a indurre i produttori a uscire dagli ambienti afosi dei teatri di posa, visto che l'atteggiamento mentale dominante si è ormai imposto talmente da far dubitare della reale conoscenza del nostro paesaggio da parte dei produttori stessi. Vero è che non sempre è possibile, per difficoltà tecniche o altro, riprendere in esterno delle scene di film. Così, il sistema del « trasparente », largamente usato in tutti gli studi cinematografici del mondo, trova la sua giustificazione ad onta di tutte le opposizioni, e le ricostruzioni di esterni si rendono talvolta indispensabili per una ragione squisitamente artistica e che può compendiarsi nell'assioma che non sempre il vero reale corrisponde al vero d'arte. Tutto ciò però non infirma affatto il nostro precedente discorso, e poiché una recente iniziativa ha portato la macchina da presa all'aperto, nello scenario unico delle valli atesine, noi vogliamo segnalare questa felice iniziativa augurandoci che essa segni un ritorno all'aria pura, alla luce e alla ricchezza del nostro paesaggio. E' l'« Atesia Film », la casa produttrice cui spetta il merito d'aver condotto l'occhio della macchina da presa tra le cime e le valli boscose dell'Alto Adige, alla scoperta d'un paesaggio meraviglioso e non solo del paesaggio, ma della vita intensa che vi si svolge. In questi giorni artisti e tecnici dell' « Atesia Film », capitanati dal regista Guazzoni, hanno infatti girato gli esterni del film ho veduto brillare una stella in alcune fra le più caratteristiche località di queste valli che non a torto godono d'una fama mondiale. La trama del film è imperniata sulla lotta di un tenace e valoroso ingegnere contro lo scetticismo dei dirigenti d'una miniera che, per la scarsa resa di materiale, sta per essere abbandonata. L'ingegnere riesce, con la sua volontà e con l'ausilio di un gruppo di minatori italiani cht egli ha ricondotto dall'estero, a trovare il minerale, a ridare vita alla miniera e benessere alla popolazione della laboriosa vallata. Una delicata storia d'amore s'innesta alla vicenda principale, aggiungendovi una fresca vena di poesia. Il paesaggio, l'atmosfera, gli usi e i costumi dei luoghi servono efficacemente da sfondo alla storia. Ma non quale pretesto per dei quadri d'effetto, O per uno sfoggio d'un « pittoresco » di maniera, bensì quale elemento di vita e di verosimiglianza intimamente legato al contenuto umano del^a. vicenda. In questo film debutta una giovanissima attrice alto atesina, Maria Gardena, che ha già rivelato un talento spontaneo e naturale, tanto da attirare su di sé l'attenzione dei produttori in vista di nuovi film. Con la Gardena lavorano, nelle parti principali, Mino Doro, Sandra Ravel, Ennio Cerlesi e Luigi Pavese. Numerosi elementi locali, nei loro caratteristici costumi, hanno partecipato alle scene di massa riprese in queste limpide giornate autunnali, tra la curiosità e l'interesse di un pubblico di turisti e di valligiani che, per la prima volta probabilmente, vedevano la macchina da presa alla luce del sole. Nel segnalare questa iniziativa, ci auguriamo che essa sia portata a compimento secondo quegli intendimenti che l'hanno fatta sorgere. Perchè troppe volte abbiamo dovuto constatare come alle intenzioni non abbia corrisposto la realtà, o per una improvvisa deficienza o perchè è mancata quella fusione, quella aderenza del paesaggio alla vicenda e che sola può giustificare l'inserzione di quadri naturali sia pure bellissimi e ben fotografati, e che altrimenti resterebbero staccati, privi di vita e di signi ficat° V. CALV. Una scena di 'Ho veduto brillare una stella' (f. Pesce)