Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

Record Details:

Something wrong or inaccurate about this page? Let us Know!

Thanks for helping us continually improve the quality of the Lantern search engine for all of our users! We have millions of scanned pages, so user reports are incredibly helpful for us to identify places where we can improve and update the metadata.

Please describe the issue below, and click "Submit" to send your comments to our team! If you'd prefer, you can also send us an email to mhdl@commarts.wisc.edu with your comments.




We use Optical Character Recognition (OCR) during our scanning and processing workflow to make the content of each page searchable. You can view the automatically generated text below as well as copy and paste individual pieces of text to quote in your own work.

Text recognition is never 100% accurate. Many parts of the scanned page may not be reflected in the OCR text output, including: images, page layout, certain fonts or handwriting.

Otobd óoeétr Veeclm ebppMeme attuali Insistenti, nella stampa cinematografica di tutti i paesi in guerra, appaiono in questi giorni i riferimenti alla situazione1 del cinematografo che si determinò nel periodo del conflitto mondiale e interessanti sono gli accostamenti che vengono fatti con la attuale, i ricordi e le deduzioni che da questi ricordi si traggono. I settimanali francesi ad esempio le cui pagine sono per tre quarti fatte di fotografie di film di guerra, di attori e di registi in uniforme, di corrispondenze dal fronte e di interviste ai mobilitati, riassumono abbastanza fedelmente lo stato di quella produzione durante i tragici anni dal 'i 1 al 'uS e si slorzano di dimostrare tutta l'operosità usata dallo Stato e dai privati per far fronte ai disagi di una produzione ridotta al minimo e di bassissima qualità, di porre in luce i successi della ripresa francese nei confronti di quella degli altri paesi, ritenendosi sicuri che anche oggi, malgrado la guerra, tutto il lavoro che dà vita al cinema non sarà indebolito o sommerso dai fatti politici. Eccovi brevemente riassunta la situazione di allora nel territorio della Repubblica. Agosto 1914: tutti gli studi chiudono. «Patite» e ■• S.C.A.G.L. » a Vincennes, « Le Film d'Art » a Neuilly, « Eclipse » a Boulogne, « Eclair » a Epinav, « Lordier ». a Gaumont •> a Parigi, " Le Studio Parisien » a Asnières », la « Radia » a Nizza, la « Menchen » a Epinay, la « Aubert » a Joinville. I teatri di posa costruiti a Berlino da società francesi, posti sotto sequestro, iniziano una produzione di guerra al servizio della Germania, più che altro per conto delle autorità militari. In tutta la Repubblica le sale di proiezione vengono chiuse dal giorno 2 di quel mese e mentre attori, tecnici, impiegati e direttori partono per il fronte, molti scenografi e soggettisti partono alla loro volta per gli Stati Haliti, dove al contrario la produzione riceve un impulso straordinario che invaderà tutti i mercati stranieri. Questa è però l'ora dell'Italia. Capitali di milioni vengono impiegati nel cinematografo e nascono Cabiria, GIULIO CESARE, cristo, i grandi film drammatici con Maciste, con Francesca Berlini, con Leda Gys\ con Pina Menichelli. Intanto le grandi case straniere, private dei loro dirigenti e delle loro forze migliori, cedono il posto alle piccole imprese che, invase da personale americano, assurgono di giorno in giorno a ruoli di importanza sempre maggiore. Fenomeno questo non solo della Francia del resto, ma anche dell'Inghilterra. Tn Russia, le case legate ad organismi francesi si staccano lentamente da questi e vanno verso una nazionalizazzionc che non porterà più alcun profitto alle soeietà madri. E' allora ehe la Camera sindacale del cinema decide dalla sua sede di Parigi di inviare operatori al fronte. Vengono riprese dal vero scene di guerra, battaglie divenute poi storiche come quella della Marna ad esempio, la vita della città. Ma questi film non li vedranno i francesi; essi si arrestano dinanzi alle porte sbarrate delle sale di proiezione, passano invece le frontiere e vanno per il mondo con fini più o meno propagandistici. Comincia allora la guerra del cinema. Da un lato i documentari francesi nati con mezzi di fortuna, dall'altro quelli tedeschi, più perfetti, più intensi di contenuto, più spettacolari, che vengono lanciati gratuitamente all'estero e che appoggiati dalla produzione di Hearst in America sembrano conquistare maggiore successo di quelli degli alleati. Si giunge cosi al 1915. La Francia comincia a comprendere l'importanza propagandistica del film e entra risolutamente con le sue leggi a disciplinare la produzione e a dirigerla con vedute più ampie e sulla base di una nuova organizzazione. Le sale vengono riaperte, la censura lavora ininterrottamente. M. J. L. Croze, un giornalista che vive da soldato al fronte, getta le prime basi per un cinema militare per la truppa. Nuovi operatori vengono scandagliati per tutti i luoghi di combattimento, soldati e ufficiali vengono distaccati a questi nuovi servizi, che ricevono un intelligentissimo impulso dal capo del servizio stesso, tenenti" Pierre Marcel. Si adibiscono autocarri e motociclette per il trasporto del materiale e per facilitare i movimenti del personale cinematografico, vengono aperti nuovi gabinetti di sviluppo e di montaggio, la pellicola corre rapida a migliaia eli metri per settimana. Alla fine del 191 7 così questa organizzazione è in pieno funzionamento e la battaglia chiaramente volge alla vittoria francese. Nel 1918 passato il tragico turbine le case ricominceranno a funzionare regolarmente. Vecchie esperienze queste dalle quali però il trarre pronostici ci sembra assai difficile e per lo meno azzardato. 'Fa sempre così quando entra a metà Siateci un dittatole del cinema Occorreva addirittura una guerra per far pubblicare ai francesi sotto questo titolo stranamente incasellato nella rubrica « Opinions libres » di pour vous una densa colonna nella quale si insiste sulla necessità di scegliere un uomo, un « dittatore » che diriga le sorti della cinematografia di Francia, sorvegliando e disciplinando tutta la attuale produzione. Una specie di supervisore generale quindi con poteri ampissimi però e tali da poter determinare la pioggia e il sereno sugli schermi repubblicani. L'articolo che vuol salvare il salvabile, forse per giustificare se non altro il poco chiaro contrasto dei due titoli, inizia, col sostenere che tale dittatura non verrebbe certo ad infrangere la ormai vetusta e quasi storica libertà del paese, che essa non avrebbe aspetti né prerogative politici, che la persona da prescegliere sarebbe unicamente un artista e che di arte dovrebbe occuparsi, ma parte tuttavia dal presupposto che è proprio l'attuale situazione politica che spinge a provvedimenti del genere. In sostanza è la produzione di guerra ed al servizio della guerra quella che preoccupa ed è appunto l'aspetto propagandistico e politico che essa deve assumere che spingono a richieste del genere. Si chiede un dittatore del cinematografo. Cattivo segno quando si è tanto gridato alla perfetta assonanza degli interessi singoli e di quelli del paese 'nel momento dello sforzo maggiore e più disagevole. Si domanda un intervento da parte « des organismes officiels » e nello stesso tempo si sostiene che in questo nuovo sistema dovrebbero venir scartati i produttori la cui generosità è spesso molto interessata. Cattivo segno anche questo riguardo a quella esemplare dedizione di tutte le forze morali e materiali di ciascuno senza secondi fini per fronteggiare il pericolo comune. Sono dunque i competenti del cinema francese e il suo pubblico scontenti della omogeneità dei film prodotti o dei piani organizzativi per la prossima produzione? A legger tra le righe del citato articolo parrebbe di sì, tanto è grave l'invocazione. Dittatore dunque dovrebbe essere un artista, anzi meglio uno scrittore: Jacques Prévert ad esempio, o Marcel Achard, l'autore di jean de la lune o Alexandre Arnoux, o Marcel Pagnol che dopo i successi di topaze è entrato nella piena produzione. Non si escludono però i nomi di registi che potrebbero anche aspirare a questa dittatura di stile stranamente democratico: Jean Renoir. Julien Duvivier, René Clair, vengono segnalati come i più adatti ad un simile incarico e ad essi si po'rgr l'impero del cinema con la migliore grazia di questo mondo. Al fondo di tutto ciò tuttavia ci deve esser qualcosa che non va e che preoccupa. Affermazioni simili e per di più da parte di un Charensol non si fanno a vuoto e denotano nevralgie e malanni non lievi. q. t (Film Weekl;/) 279