Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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I CAVALLI CHE PARLANO LE MEDIE pellicole americane sono paragoni di sobrietà e correttezza. Dicono quello che devono dire, fanno il loro mestiere senza guastarsi con nessuno. Esse risultano, come minimo, pellicole che nessuno si lega a un dito. Sono opere competenti. Nella maggior parte dei casi non invitano a prendere posizione, schivano il calore del dibattito. Questa prudenza investe anche il mondo morale. Un mio amico scrittore era vicinissimo a vendere il suo romanzo a Hollywood qualche mese fa. Il suo romanzo in ultimo fu scartato perchè vi si trattava una vicenda in cui il male finiva con l'avere la meglio, e perchè esso era parso adatto ad incitare alla violenza. Vi sono questioni (prezzi, dispute sul lavoro, ecc.) che costituiscono un'elaborata « lista nera ». Regna la più attenta cautela. Anche nel modo di vedere, nei rapporti con la realtà. A parte la grande eccezione dei Marx non si pensa facilmente a casi che si distacchino dall' equilibrato realismo. Non si parla poi della cosidetta avanguardia cinematografica. Dalla produzione di cui s'è detto, essa è lontana quasi quanto un artista del Greenwich Village lo è, diremo così, da Babbitt. L'avanguardia si presentò tardi e non riccamente in America. Nella Storia di mio fratello leggo che addirittura nel 1934 due intellettuali di New York ricorsero al loro Poe e ne uscì fall of the house of usher. Gli stessi produssero un lot in sodom, per pochi intimi; lo girarono in una autorimessa. Nulla di industriale. Ed è notevole il ritardo di questi avanguardisti, se si pensa che in Francia il monumento del cinema surreale, il sangue del poeta, giunse in un'epoca (1931) in cui i primi avanguardisti, uso Germaine Dulac e L'Herbier si erano già messi in un ordine di idee alquanto normale. È chiaro che certi gusti continuano ad attecchire con ritardo in America. In certi casi essi raggiungono anche una certa capacità industriale, ma all'infuori del cinema: di Salvador Dali per esempio parlano le riviste ad altissima tiratura, e per l'Esposizione Universale di New York egli ha preparato certe sue stranezze. In questo senso il grande cinema è una forza conservatrice, una potenza in favore dello statu quo. Bisogna rifarsi all'Europa per tracciare la storia del cinema detto d'avanguardia. Del 1917 sono le ames d'hommes foux della Dulac; del 1919 il caligari di Wiene. Il nome avanguardia è un po' vago, essendovi grandi varietà fra i prodotti compresi sotto quel segno. Nel rievocare film dei primi anni dopo il '20 prodotti in Francia si vede che certe correnti non hanno origini bene individuate, ma piuttosto sorgono insieme o si intersecano. La cosidetta avanguardia, il cinema insomma vagante fuori del reale con una logica propria, ha punti di contatto con il genere che potremo dire psicologico-acceso, un genere glorioso che va da fièvre di Delluc (1922) a pellicole come quel recente orage (1936) interpretato dalla più grande attrice del momento, Michèle Morgan. Si può dire che in certi casi il genere psicologico si fa tanto acceso Bai 'Gabinetto del dr. Caligari' 318