Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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Mademoiselle Yvonne, si on chantait? clematide Ernest. La chanson de Fred...? Ils chantent. Et Yvonne chante comme elle peut. Et ils vont dans les terrains vagues, dans un monde de barrières et d' usines. Et ce chant amicai des cent voix enjantines monte vers l'air pur. René Claib NELL'AGOSTO 1939, a qualche ora dalla guerra, la Francia aveva in lavorazione una serie di film sui bimbi : Marcel Carnè, su uno scenario di Prévert, realizzava l'ìle des enfants perdus, grigio distillato di case di correzione; Christian Jacque, su una trama di Pierre Véry, trattava lo stesso soggetto : I'enfer des anges, titolo victorhughiano secondo la maniera di questo autore; Maurice Tourneur trasformava il romanzo di Juliette Pary sulle colonie infantili in mes 126 gosses. Lo schermo francese ha conosciuto di tanto in tanto film eccellenti imperniati sull'infanzia; la maternelle (chi non ricorda il lungo minuto in cui la bimba passa dall'espressione fiera al sorriso, riverbero del sorriso di Madeleine Renaud?) è il migliore della serie. Ma questo improvviso sbocciare di temi infantili, oltre a essere il segno d'un tempo stanco di esoterismi a tutti i costi, era pure l'orchestrazione d'un tema scelto dal più silenzioso dei registi: René Clair, infatti, aveva annunciato air pur. Da mesi René Clair lavorava con Georges Neveu sullo scenario : entrambi erano senza pietà nella loro caccia alla letteratura; cioè all'effetto, alla « sensibileria », all'eloquenza. Verso la primavera, Kelber — T operatore — cominciò a girare; girava ancora alla fine d'agosto quando scoppiarono gli eventi che tutti conosciamo. Dopo l'ondeggiamento iniziale, inevitabile in un momento in cui cinque milioni d'uomini sono mobilitati, venne la parola d'ordine, dram 'AIR PUR INTERVISTA CON RENÉ CLAIR matica come si addice a un drammaturgo, di Jean Giraudoux : Il faut faire des filtns comme des obus. E i film già quasi finiti ebbero diritto al loro ultimo giro di manovella. air pur sarà quindi il centro di questa prossima e strana stagione di guerra. Molte considerazioni dettarono alla Francia tale decisione; la prima, quella del suo prestigio, servito magnificamente dalle opere dei suoi artisti. La seconda, è una considerazione d'ordine interno, che però ha valore internazionale. Il film di René Clair è veramente puro, schivo di pretesti tra l'erotico e il torbido introspettivo che servirono da fondo a molte produzioni passate. Il film era pure un ritorno del gran regista al film francese, visto che esso era il primo a essere girato in Francia dopo le dernier milliardaire; ma questo ritorno coincideva appunto con una nuova visione nazionale, precipitata dallo stato di guerra, ma già nell'atmosfera : una sete di salute, una stanchezza delle stanchezze morali sulle quali ci si attardava con compiacenza. La Francia è oggi personificata dalla « Grande Muette », l'Armata; è la parte eterna della nazione che dice finalmente la sua parola, col peso indiscutibile dell'autorità. A noi sembra che questo orientamento debba durare; per un periodo, certo, come succede per ogni orientamento. Si ripeterà nel film quel che avvenne al principio di questo secolo nelle lettere; le conversioni di Charles Péguy e di Ernest Psichari ne sono simboli mirabili, tutt'e due trasfigurate nella morte dell'estate 1914. Contro il tempo di Renan, di Zola e magari di Anatole France, la reazione non aveva tardato a portare i suoi frutti migliori. Mutatis mutandis, il cinema francese conoscerà questa tipica reazione implicita nel pensiero del paese; ed essa, a parer nostro, sarà di maggiore portata, per il mezzo di diffusione che è il film. [In ogni caso, il gusto dell'autorità che periodicamente ritorna in Francia, correggerà gli scarti eventuali] . Il nostro colloquio con René Clair, non ha 18