Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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VENTISEI FILM ®a Hat»® WIRMM3J& DUE anni fa Lucio d'Ambra scrisse appositamente per Cinema il racconto dei suoi sette anni di cinematografo, dal 1915 al 1922. Lo scrisse con piacere, con quella sua vena facile ch'era poi frutto di metodo e di sistema. Forse attendeva quel momento: i ricordi vennero giù fluidamente, gli aneddoti fiorirono, partoriti da una memoria straordinaria, ne risultò un racconto non scarno, non scialbo; fu piuttosto il romanzo di sette anni di cinema, e lo scrittore ne riviveva i personaggi in un mondo di piacevole vita. E questo era strano: non lamentele, non ripicchi personali; strano per chi sa che gli scrittori, ogni volta che hanno messo piede nel cinematografo, han finito per dirne peste e corna rievocando soprusi e sevizie (naturalmente di carattere letterario). Lucio d'Ambra no. Era lo scrittore più adatto per perpetuare nel pubblico il gusto romantico e la leggenda del cinema. Badando al pubblico, badava a se stesso. Si riproiettava — per usare un'espressione in carattere — il film d'un 'attività che gli era stata cara. E nel film non dimenticava mai di essere uno degli interpreti principali. Dal 1915 al 1922 D'Ambra prese parte a 24 film, e per la maggior parte non fu soltanto scrittore ma anche regista. Egli abbandonava il cinematografo e iniziava con le Trilogie il secondo periodo, più interessante del precedente, della sua attività letteraria. Al cinematografo tornò più tardi, recentemente (il re burlone e Giuseppe verdi). Aveva seguito con molta attenzione i successivi sviluppi dal '22; ma era rimasto da canto. Ogni tanto qualche suo articolo, rievocando fatti e persone del passato, ci lasciava intendere la sua voglia di rimettere piede nel cinema. Per diverse ragioni non si decideva; vi ronzava intorno, mondano e brillante. Una volta che si fu deciso, non si buttò a corpo morto : rimase fedele alle sue cinque pagine al giorno; e il cinematografo non tollera troppo che si possa essere "fedeli contemporaneamente a due attività. Comunque il re burlone e Giuseppe verdi hanno avuto il loro pubblico. Di ben altro interesse è il lavoro svolto da d'Ambra in quei famosi sette anni in cui il cinematografo italiano portava in sé, nel suo pieno meriggio, i germi della decadenza e s'avviava alla sua epoca oscura. Si ricordano soprattutto due film realizzati nel 1916: la signorina ciclone, in collaborazione con Augusto Genina, interpretato da Suzanne Armelle, e il re, le torri, gli alfieri, in collaborazione con Ivo Illuminati, interpretato dalla contessa Dentice di Frasso. Ciò che stupì e piacevolmente sorprese, in questi film, fu la modernità dell'inventiva, lo spirito nuovo, l'originalità della concezione (il re, le torri, gli alfieri), per cui il cinematografo, vagolante fra il naturalismo di maniera, la retorica patriottica e l'accesa passionalità, ritrovava la via della fantasia. E il pubblico che affollava, se non andiamo errati, il cinema Modernissimo in quella « prima » dove, in pieno realismo di guerra, si mostrava un'opera che invece si Ubera va da ogni realismo, mostrò di apprezzarlo molto. Fu un grande successo. La posteriore cinematografia — francese, americana, tedesca — seppe fare tesoro degli insegnamenti di quel film; e Chiarini, nel documentario 40 anni di cinema messo insieme per la celebrazione di Lumière, si preoccupò di dimostrarlo. Successivamente Lucio d'Ambra realizzava : nel 1917, la moglie e le arance e napoleoncina con la Corvin; nel 1918, la commedia dal mio palco (sempre con la Corvin), il conte centanni e il visconte gioventù con Rosetta d'Aprile, l'arcolaio di Barberina con Olimpia Barroero, emir, cavallo di circo con Margot Pellegrinetti, papà mio, mi piaccion tutti con Claretta Rosai, e inoltre carnevalesca con Lyda Borelli) che fu diretto però da Amleto Palermi; 1919: PASSA IL DRAMMA A LILLIPUT, IL VALZER BLU, I CINQUE CAINI, tutti e tre con la Corvin, il miraggio, girotondo d'undici lancieri, LA FAVOLA DI LA FONTAINE, MIMÌ FIORE DI PORTO, STORIA DELLA DAMA dal ventaglio bianco, tutti con Lia Formia, IL BACIO di CIRANO che, interpretato da Soava Gallone, fu diretto da Carmine Gallone. E ancora. 1920: la falsa amante, l'ambasciatrice, la principessa bebé (Lia Formia), amleto e il suo clown (con Soava Gallone per la regìa di Carmine Gallone); 1921 : tragedia su tre carte (Lia Formia). Fu l'ultimo film di quel primo periodo di attività cinematografica. Del resto praticamente poi non si ebbe più nulla di notevole nel nostro cinema, almeno fino al sonoro quando si tentò di ridestarci dal letargo per guardare un po' in faccia i nuovi aggeggi. Si appartò, dunque, Lucio d'Ambra forse preso anch' egli dalla stanchezza che subentrava alla febbre violenta e preferì badare alla sua tranquilla letteratura. Non sappiamo se fece qualche tentativo per opporsi alla decadenza e alla mediocrità crescente, ma non era nel suo carattere. In fondo, sette anni di cinematografo avevano rappresentato un'esperienza di più, una parte e un momento del suo multiforme lavoro che veniva ampliandosi dalla narrativa alla drammaturgia, dalla critica teatrale e letteraria alla storia romanzata. Ma poiché il cinematografo non abbandona mai le sue prede, d'Ambra, riapparso con il re burlone e Giuseppe verdi, meditava di tornare a dedicarvisi più ampiamente; e sappiamo che in questi ultimi tempi, prima di morire, si era dedicato con passione alla costituzione di una Casa produttrice per la realizzazione di film tratti dai romanzi di Salgari, romanzi di schietta, avventurosa, cinematografica fantasia. D'Ambra, cioè, voleva rientrare in pieno nel cinematografo per la via della fantasia. DOMENICO MECCOLI LUCIO D'AMBRA l'autore cinematografico più popolare e più applaudito attualmente in tutta l'Italia, assicura alla ss nEbusn 5= un trionfo che supererà di gran lunga i precedenti con : Emir cavallo da circo romanzo cinematografico in 3 parti, in corso di lavorazione nei nuovi e grandiosi stabilimenti che la «Medusa» ha fatto costruire in Roma per la meravigliosa collina di Monteverde. Operatore F1LYREDO BOMELLI -3 Marzo 1917 21