Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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wmm m ©tosto @a©iaMa * * * * ECCELLENTE * * * BUONO * * MEDIOCRE * SBAGLIATO *** IL CAPITANO MOLLENARD (Mollenard) Francia Produzione: C . C.C .-Europa Film Regìa -.Robert Siodma\ Soggetto: O. P. Gilbert Sceneggiatura : C/i . Spaal{ Interpreti : Harry Eaur, Albert Prejan, Gina Manes, Gabrielle Dorziat , Pierre Renoir, Elisabeth Pitoeff, Robert Lynen. I tagli che nell'edizione italiana ha subito il capitano mollenard e che non riusciamo a capire da quale motivo siano stati determinati, hanno seriamente danneggiato quest'opera che seppure qua e là punteggiata di mancanze, di eccessività, di difetti, era pur tuttavia nell'originale un bel film. Il secondo tempo specialmente è il più colpito e lo è tanto che mentre in origine la figura del protagonista si sollevava anche moralmente di fronte al pubblico, così più non accade. Perfino la trama risulta scossa e alterata dalla mancanza della scena dello sbarco di Mollenard a Dunquerque, e da quella del suo tentato suicidio. Harry Baur è troppo se stesso per dare una recitazione artisticamente apprezzabile. Più al suo posto e più brava stavolta la Gabrielle Dorziat. *** LA GRANDE PROVA (Ramuntcho) Francia Produzione: R.C.A.-Generalcine Regìa : René Barberis Soggetto : tratto dal romanzo di Pierre Loti Interpreti: Francoise Rosay, Madeleine Ozeray, Louis ]ouvet, Line Noto, Paul Canibo. La difficoltà maggiore nella realizzazione di un'opera di Pierre Loti sta nella trasformazione in termini spettacolari dell'aria triste e sconvolta del mondo poetico del grande scrittore francese. Diciamo subito che tale difficoltà è stata superata in pieno in questo la grande prova tratto dal romanzo Ramuntcho, e già apparso due anni or sono a Venezia. Il film che ad osservatori superficiali può apparire declamatorio ed eccessivamente impostato su motivi paesistici e di maniera, è al contrario un'esatta trasposizione, uno specchio direi, delle pagine del libro. La delicatezza e la lievità di tocco che caratterizzano la storia di Pierre Loti è completa nel film dove persone e fatti nascono più da una pittura di margine e d'ambiente che non dalle cose narrate in se stesse. **** DIETRO LA FACCIATA {Demère la f acade) Francia Produzione: ReginaColosseum Regìa: Yves Mirande, Georges Lacombe Direttore di produzione : Arys Nissoti Soggetto : Yves Mirande Sceneggiatwa: Yves Mirande Operatore: Armenise e Juillard ■ Fonico: Yvonnet Montaggio: Marthe Interpreti: Lucien Baroux , Jules Berry , André Lefaur, Gaby Morlay, Elvire Popesco, Michel Simon, Eric von Stroheim, Betty Stoc\efeld , Marguerite Moreno. Riuscire a dare una unità di principio e una forte ragione morale alla sequela di bozzetti di cui è composto questo dietro la facciata è il merito più grande di Yves Mirande. Merito tanto più apprezzabile in quanto la staticità di clima e di tipi e la costante ispirazione pessimistica di questo lavoro potevano facilmente far naufragare l'intento profondamente umano del film. Al contrario è proprio questo motivo umano che traspare in tutte le figure e le vicende dell'opera e la colorisce e la fa accettabile anche là dove il desiderio di avvalorare la tesi fa calcare al Mirande la mano. Gli attori che sono tutti assi da Jules Berry a Eric von Stroheim, da Elvire Popesco a Michel Simon, da Lucien Baroux a Lefaur non potrebbero essere migliori. * 7 UOMINI... UNA DONNA (7 hommes... une femme) Francia Produzione: C. C. F. C-Cine Tirrenia Regìa: Yves Mirande Soggetto : Yves Mirande Scenografia : René Renoux Commento musicale: Armand Bernard Operatore: Riccioni e Colas Fonico: Wilmarte Montaggio: R. Mercanton Interpreti: Fernand Gravey , Vera Korenne, Larquey , Roger Duchesne, Saturin Fabre, Maurice Escande, Roger Arnoux, Felix Ouard. 7 uomini... una donna è, diciamolo francamente, un film che non diverte affatto. E poiché gli intenti di questo lavoro sono puramente quelli di creare appunto una vivacità spassosa e comunicativa esso risulta del tutto sbagliato. A parte la scialba recitazione di tutti gli attori che vi compaiono, a parte l'aria di inumana comraediola su cui è impostato il soggetto, la trascuratezza di Yves Mirande rende quasi irriconoscibile l'autore di derrière la fa£ade. Ambientazioni tirate via e punto stabili, esterni in cui gli elementi di paesaggio non riescono neppure a farsi notare, sciattezza elementare di regìa, genericità di tipi assolutamente voluti e teatrali caratterizzano questa povera opera destinata all'immediata dimenticanza. ** PROCESSO E MORTE DI SOCRATE Italia Produzione: Scalerà Re^ìa: Corrado D'Errico Soggetto tratto da: « / dialoghi » di Platone Sceneggiatura: Corrado D'Errico Scenografia: Alfredo Manzi Direttore di produzione : Cesare Zanetti Commento musicale: Giuseppe Mule Operatore: Ubaldo Arata Fonico : Piero Cavazzuti ■ Montaggio : Eraldo jndiconi Interpreti : Ermete Zacconi, Rossano Brazzi, Filippo Scelgo, Alfredo De Santis, Olga Vittoria Gentillì, Luigi Almirante. Dopo aver visto questo film mi sono domandato in coscienza quale necessità abbia spinto i responsabili a fare un film sui Dialoghi di Platone Tuttora mi rivolgo questa domanda. Il rispetto che si deve a Zacconi, il suo passato, i suoi indiscussi meriti, vietano di entrare a fondo sulle qualità cinematografiche di questa sua ultima recitazione. L'errore sta nel volere rappresentare ciò che è nato ed ha vita sotto vestì di altro genere, e appunto ad altro genere artistico appartiene. Recitare Platone e dare valore di discorso pubblico ai suoi dialoghi, fonicamente e visivamente percepibile è come trascrivere per banda un'opera poniamo di Mozart o meglio di Corelli, e più ancora darne pubblica esecuzione. Si è giunti così alla deformazione non solo formale del genere ma addirittura alla naturale alterazione dei risultati logici del ragionamento. E ciò, si badi bene, senza spostare una virgola del testo, come era del resto prevedibile. Il fraseggiare di Socrate, non personaggio, ma occasione dell'opera di Platone, non è battuta, non è accento, soprattutto non è discorso. Di questo fa meraviglia che uomini di alto livello intellettuale non si siano accorti, cedendo così all'incanto di veder concretato in forma materialmente rappresentabile un mondo che è di per se stesso slegato ad ogni rapporto terreno. Il peccato è forse di troppo amore, ma è sempre peccato e dovendo analizzare il lavoro da un punto di vista puramente cinematografico, non si può non tenerne conto. Corrado D'Errico ha risolto il suo lavoro il più egregiamente possibile e, a parte naturalmente quanto ho detto, ha compiuto miracoli di adattamento, di ritmo, di narrazione. Non così all'ordine cui è parsa la scenografia, che benché liberata dalla inopportuna fastosità dei soliti ambienti storici, pone in vista troppi falsi, troppi teloni, troppo cartone. Come ad esempio quello sfondo della sala del tribunale con i templi e la cittadella in lontananza, che la lunga fissità della scena mostra inesorabilmente per più di mezz'ora, o quella nave sacra troppo vicina all'obbiettivo nella sua nitida e palese costruzione. Gli attacchi o per meglio dire le congiunzioni tra scena e scena, tipica la danza delle vergini, sono forse le cose meno riuscite di tutto il lavoro. Non c'è qui da porre appunto al movimento, al lavoro cioè delle interpreti, né al commento sonoro di Mule. Manca l'aria, l'atmosfera del mistero e del rito, manca cioè la Grecia o meglio quella Grecia che dalle opere dei suoi autori la nostra fantasia ha creato. Il film gioverà nonostante tutto a riprendere in mano l'antico filosofo e poeta, a sfogliare il libro che molti dai tempi del vecchio liceo non aprirono più, e che reca a margine le gracili annotazioni della giovinezza, e almeno per questo non sarà stato fatto invano. 56