Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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L'ufficiale tedesco (Erich von Stroheim) e l'ufficiale francese suo prigioniero (Pierre Presnay) nella 'Grande illusion' di Jean Renoir lizzare la mia idea, perchè qui c'è il terreno, l'atmosfera, la gente che può veramente dare il film mediterraneo. Quei vostri contadini, sereni, dignitosissimi, austeri in una tradizionale serietà e gentili in tanti loro piccoli atti abituali, queste vostre donne schiettissime e famigliari sarebbero per me i migliori i più adatti protagonisti. Pensateli, alla domenica, nei loro abiti neri; con la polvere delle strade sulle scarpe e sui pantaloni, e in mano quelle leggere cannuccie strappate dalle siepi, pensateli in quelle loro case, asciutte, piene di sole, e voi mi comprenderete meglio ». Nel parlare egli si era andato via via accendendo e a noi sembrava già di vedere questo suo film ideale, mentre scomparivano le impressioni, i luoghi comuni che una errata informazione ci avevano dato di lui. Così quando parlammo del cinema francese e delle tendenze pessimiste dell'ultima produzione, ci parve che tutto questo appartenesse a tempi lontani ed a strade ormai abbandonate. « Noi abbiamo bisogno di sole, dice ancora Renoir, di ottimismo e sono io a dirvelo, io che da nana a la bète humaine ho calcato le vecchie strade ». Ci parla così Renoir della sua vita di regista delle sue prime esperienze che risalgono al 1922 quando lasciò l'arte della ceramica per collaborare al film Caterine, del suo primo ingresso nel film storico con le tournoi uans la cité « un brutto lavoro », egli dice, « che ebbe uno strepitoso successo », di le bled girato ad Algeri, delle sue disavventure come fabbricante di lampade adatte alla pellicola pancromatica nel piccolo ridotto del Vieux Colomier, di la petite marchande d'allumette, del primo film sonoro ON purge bebé che lo riportò di colpo in piena luce. Ci parla di la chienne che costò tre milioni e ne rese sei di netto guadagno, di madame bovary, di toni tutto girato in esterni, di les bas fonds, su su fino a la grande itttjsion a la marseilleuse, a la bète humaine. In trattoria non è restato più nessuno. Noi soli che ascoltiamo e in un angolo del tavolo un grande album di riproduzione dei quadri di Pierre Augusto Renoir, del grande padre di Jean. Ogni tanto egli vi getta uno sguardo e i suoi occhi si addolciscono, e gli leggiamo nel viso come l'ombra di un caro ricordo. Non osiamo interrogarlo più oltre. GIUSEPPE ISANI Vi