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Griustamente af
Cinema Illustrazione ferma Corrado
A Milano cs ‘rrico che il
cinematografo non è più. ormai, un pro
blema di macchine. Esse funzionano alla
perfezione e, come s'è visto, la Pittaluga ha potuto tecnicamente raggiungere, con un solo film, lo stesso livello delle fabbriche americane, che hanno impiegato anni di esperienze per arrivare all'attuale efficienza. Ormai, le conquiste della meccanica sono a disposizione di chi voglia e sappia e in questo campo non dovremo stupirci degl'immaucabili progressi che seguiranno; ci meraviglieremmo, se mai, del contrario.
Con la nuova possibilità — e siamo tutti d'accordo su questo, e lo abbiamo ripetuto più volte, col collega romano — il cinematografo ha nuove esigenze: con la maggiore ampiezza consentita dalla parola alle sue esplorazioni gl'incombono più pesanti doveri. È in questa trasformazione che la sua enorme forza sociale di spettacolo si fa sentire più che mai e se nel passato, quando cera ancora ban:bino, poteva permettersi di essere facilone e superficiale, ormai non gli è più consentito. ‘Troppi elementi concorrono a formarne la rappresentazione-tipo, cui tutte le arti convergono, perch'esso affronti ancora gli argomenti di una volta e si esaurisca nei piccoli drammi, dalla portata non superiore a quella d'una canzonetta da teatro di varietà. J) progresso meccanico gli ha consentito di superare la psicologia spicciola, l’intrighetto amoroso, la piccola vicenda sentimentale e specialmente l’ingenuità. E scri viamo, se vi piace, a caratteri di scatola, questa assoluta verità: « Se un male esiste, è appunto nel fatto che il progresso artistico non ha marciato di pari passo col progresso meccanico ».
Insomma, non si ripeterà mai abbastanza che la scelta dei soggetti e la loro fedele interpretazione non son più cose tanto facili, che gl’industriali dovranno affidare tali cure non già ai tecnici di alélier, ma a scrittori capaci di specializzarsi. Come pure è da augurarsi che per la parte sonora e parlata si vorranno assumere direttori d’arte, data l’importanza che le intonazioni hanno nel film, e la fusione e armonia tra i vari interpreti, cui si deve aspirare.
Tutto questo è ancora da fare.
LE PRIME
Quanto di buono ci è offerto, in questo momento, è, più che altro dovuto alla valentia dei singoli interpreti e dei tecnici, Ecco, ad esempio, una fiaba-operetta perfettamente riuscita: / Principe Consorte del Lubitsch, interpretata da quel delizioso attore che è lo Chévalier, divo dei divi del film sonoro, con la squisita Jannette Mac Donald, coadiuvati da Lillian Roth e da Lupino Lane.
Lo scenario ricalca vecchi motivi, carissimi alla cinematografia americana e anche tecnicamente non ci offre pretesti di studio nè scoperte. Tuttavia è in tutte le sue parti talmente armonico e gli effetti comici e grotteschi che si volevano raggiungere sono stati preparati e ottenuti con tale maestria, che non esitiamo ad affermare che /l Principe Consorte è, nel campo operettistico, un modello difficilmente superabile. Il film ha una sua andatura caratteristica, spumeggiante, da cui derivano una gaiezza e una festosità inesauribili. Non soltanto l’interprete principale Chévalier, con le sue smorfie, i suoi sgambetti, le sue canzoni, la sua elegante frivolezza dà al film il sapore parigino che gli era necessario, ina tutto è tutti concorrono a creare l'atmosfera specialissima, in cui la caricatura può innestarsi al sentimento senza dar Juogo a contrasti, e l’artificiale decorazione a quanto di patetico, di umano è nella vicenda nobilitandola.
Si deve inoltre osservare che questa volta la riduzione da sonoro-parlato integrale a sonoro, salvo le poche battute di dialogo in francese, che non guastano, è riuscita meglio che nei precedenti lavori stranieri pubblicati dall'inizio della stagione. Le amputazioni quasi non s'avvertono e le didascalie, messe a sostituir la parola, sono scritte a dovere e bastano alla comprensione e agli effetti.
Anche le canzoni e i balletti capitano meno a casaccio che altrove, essendo ben trovati i pretesti. Ciò è dovuto, sopra tutto, al carattere del film, che ha consentito al realizzatore di muoversi a suo agio, senza la preoccupazione
tormentosa della verosimi
glianza. Lo stesso Lubitsch ha dichiarato, infatti: « Sapevo che .il pubblico non avrebbe preso sul serio questa situazione e quei personaggi e così ho preferito di mettere le maP° ni avanti e di cominciare a non prenderli sul serio io per
primo ». | Il successo del Pranrcipe Consorte è stato, tra noi, grandis
simo.
Nella settimana, il San Car* i lo ha dato Compagnia d'assalto della « Metro Goldwyn Mayer ». Film dell'armistizio, dopo i molti di guerra venutici
David Rollins, della Fox, nel costume di frontiera, in cui ha interpretato “ Jl Gran Sentiero”, film costato quaranta milioni di lire
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da Hollywood. Si tratta di una commedia comico-sentimentale, che improvvisamente sbocca in una interessante sìtuazione drammatica. L'interesse di quest'opera era dovuto all’interpretazione di Marion Dawies, che per la prima volta sperimentava la sua voce al microfono. S'era diffusa la voce che ella non potesse, per la sua difettosa pronunzia, misurarsi con successo nella nuova produzione.
Ma le dicerie sono state smentite dai fatti. Il direttore di Compagnia d'assalto, Robert O. Leonard, ha saputo trarre dallo scenario, non certo ricco di trovate, il miglior partito. E gli altri attori, Benny Rubin, Lawrence Gray, con masse ben disciplinate e affiatate, hanno cantato e ballato a dovere, componendo suggestivi quadri, d'un bell'effetto fotografico.
Enrico Roma
Il sorriso della vita, film sonoA Rana ro-canato della Foxpresentato nel
l'elegante sala del Capranica, è una cosa ben riuscita. Vi sono è vero delle pecche, ma in tutti i modi rappresenta un bel passo in avanti per il flm sonoro ed è questa una lode che fa dimenticare quei pochi difetti riscontrati,
Questo film sonoro-cantato della Fox presentato nell'elegante sala del Capranica è una cosa ben riuscita.
Innanzi tutto bisogna riconescere una perfetta continuità nell'azione e un ritmo ben equilibrato che solo si attenua verso la fine quando la trama cade un po' nel patetico e il movimento viene a languire. Comunque è questo un «sonoro » che è cinematografo.
La trama è tenue, ma è arricchita da mille scene graziose e gustose, è ravvivata da una continua vena di allegrezza e sanità che la rendono interessante. Si tratta dell'amore di un giovane ed aristocratico milionario per una piccola creatura semplice, incontrata durante una festa popolare, amore che si rivela tanto forte e sincero da costringere il protagonista ad abbandonare la poco virtuosa fidanzata per la giovane povera.
“Ma quel che di ammirevole è nel film, come dicevamo, sta nei dettagli. Il contrasto fra il mondo aristocratico è pettegolo e la bonaria allegrezza di una casa ove vivono — da moderni e aggraziati bohèmiens — due fanciulle e due giovanotti del popolo, è reso con tatto ed acume simpaticissimo. La festa popolare è quanto di più riuscito ci è stato dato finora nel genere. Specialmente la sfilata della banda dei ragazzi (una specie di gustosissima « sminfa ») è condotta con bell’acume cinematografico.
Tutte le scene della « kermesse » sono una vera fantasmagoria corcografica è un giuoco di zampilli di acqua che forma sipario € la danza esquimese e il dileguare della neve al sorgere del sole e la sarabanda delle fanciulle impazzate sulla terra infuocata, ci sono sembrate scene veramente degne di essere annoverate fra le più belle che l’estrosa fantasia degli americani in fatto di coreografia ci ha dato a tutt'oggi per lo schermo sonoro.
Il film è diretto da David Butler, nome non nuovo, ma che con questo film dimostra di avere una sensisibilità spiccatamente portata al nuovo genere cinematografico.
L'interpretazione, affidata — per le due parti principali — a quella coppia indivisibile che risponde al binomio Janet Gaynor-Charles Farrell, è stata intonata e sotto certi aspetti un po’ sorprendente, chè non si potevano supporrè nei due giovani artisti possibilità canore. Con questo non vogliamo dire, però, che le loro voci siano l'ideale per la ripresa fonica. Chè se la Gaynor nel Sorriso della vita sì dimostra provetta danzatrice, non possiamo affermare che la sua voce sia fra le più aggraziate, e tanto meno quella del Farrell, monocorde e perciò abbastanza monotona. Comunque c’è piaciuto poter ammirare i due interpreti di Settimo Cielo in un film ove dimostrano di sapersi tanto bene distaccare dal genere sentimentale-drammatico cui ci avevano abituati.
Sbaglierà però la « Fox » se insisterà, basandosi su questo primo successo, ad obbligare tanto Farrell come Janet a cantare. Non è detto che tutti i «divi» c le « stelle » debbano saper cantare!
Merita di essere valorizzata la bravura di El Bren
del — Marjorie White — Frank Richardson, un trio che s'è prodigato bellamente.
Il successo è stato pieno — pubblico folto ed celegantissimo
E. (in Em me