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ROMANZO FILA METRO GOLDWYN MAYER INTERPRETATO DA
Lo spagnuolo s'avvicinò al tavolo, e riconobbe il giovane che l'aveva aiutato a
| rimettere in carreggiata la sua vettura. Si
tolse il cappello, e si avvicinò inchinandosi.
— Debbo presentarvi le mie wumilissime scuse, signore, — disse, — Ho commesso un errore imperdonabile.
— Non ho nulla da perdonare, — rispose Cristina. — Quello che mi avete dato è il primo ‘tallero che ho guadagnato in tutta la mia vita, Lo terrò sempre perché mi porti fortuna,
— Ciò non toglie che io mi senta profondamente umiliato.
— Non ne avete colpa alcuna, signore. La colpa, se mai, è della mia vecchia casacca, che ha:davvero un'aria un po’ stracciona.., i i °
— Ebbene, quand’è così, spero che vorrete permettermi, signore, di fare con voi migliore e più intima conoscenza. Io sono
‘ don Antonio José Miguel del Prado, conte
di. Pimentel, inviato straordinario di Sua Maestà Filippo, re di Spagna, Aragona e Castiglia, alla corte di Sua Maestà Ja Regina Cristina di Svezia.
—— Ed io, — rispose brevemente la regina, — sono il conte Dohna.
-—— Ben lieto di aver fatto la vostra co noscenza, signor conte, anche se il nostro incontro è avvenuto in modo così strano. Ed . ora, volete farmi l'onore di cenare con me? :
-—— Sì, signor Ambasciatore, se sarete mio ospite. Si
Don Antonio si inchinò in segno di ringraziamento, e sedette al posto che Cristi
na gli indicava..
: ©» Prado attacca
Cap, IV.
Rissa d'osteria.
Il falso conte Dohna e don Antonio del tono le vivande. con l’appetito che viene sempre dato “ a due giovani in puona salute dal moto all'aria . aperta, e quando le
mascelle furon stanche di lavorare, ‘ fattisi più vicino al fuoco, .Tipresero ca chiacchierare “gaiamente. Il conte .Dohna: ‘era. un appassionato, a, quanto dimo-:
‘nevi che mi sembra
Strava, della Spagna, e di tutto ciò che la riguardava. A quanto pareva, era al corrente di tutto quello che vi avveniva, sia nel mondo delle lettere, che della pittura, che negli ambienti politici e militari. Parlava dei suoi poeti come se li avesse saputi a memoria,
— E, ditemi, don Antonio, che cosa sta facendo il vostro grande Velasquez? Ha” antora dipinto, ultimamente, qualcuno dei suoi immortali capolavori? E, il grande Calderon? Poiché è tanto fecondo, deve, in questi tempi, aver scritto chissà’ che sogni deliziosi! Che paese fortunato è il vostro, don Antonio!’
Ella parlava come assorta in una visione, lontana e sconosciuta, di felicità, una di quelle visioni che sono quasi divinazione, e che si teme di-non veder mai diventare realtà nella vita. I grandi occhi color del mare, un po’ grigi nei momenti di tristezza, si spalancavano su quel mondo distante e sconosciuto con l'avidità di pupille che, chiuse nell'oscurità di una prigione, cerchino il più debole raggio di sole.
— Vedo che conoscete assai bene il mio paese, conte Dohna, — disse don Antonio. — È molto tempo che ne mancate?
Cristina rigettò. indietro la bella testa, come se avesse voluto con. quel brusco gesto, cacciarne tutti i sogni, °
—Ma, io, signor conte, non vi sono mai stato, altro che in sogno, altro che in quei momenti in cui l'anima, chiusa nelle strettoie della vita, cerca scampo nella contemplazione di cose irreali 0, se non del tutto irreali, almeno molto difficili a diventare, un giorno o l'altro, realtà. Infatti, non sono mai stato fuori dai confini della Svezia.
— Allora non sapete, — disse don Anto
nio con impeto appassionato, -— che cosa
sia, la nostalgia. — Oh... si può sentire la nostalgia di cose che non si sono mai avute, di paesi che non . si sono mai’ visti... + = È vero, È così potrete comprendere la gioia che mi riempie il cuore per aver trovato, sotto queste
no eterne, qualcuno * Voi . mentite ‘per la
gola, mia. bel zerbinatto!*?
che conosca così bene la Spagna. Pure, ammiro il vostro paese: mi piace perché è rude e forte e fatto per colpire la fantasia. È un paese maschio, dalle cui desolate soli. tudini nordiche, i Vichihghi han dominato gran parte dell'Europa. Ma, che ne sapevano, i Vichinghi, delle arti che rendono bella la vita? Come occupavano il loro tempo, al la sera, dopo le cacce o le battaglie?
— Comprendo: voi, don Antonio, venen
do da un paese così raffinato qual'è il vo--.
stro, ci trovate rozzi... : — Se mi permettete, si. Guardate questa gente, — e l’Ambasciatore, con' un largo gesto della mano indicò i soldati ed i mercanti che affollavano l'albergo, trincando e scherzando con le serventi. — Certamente, si divertono. Ma a loro modo. Noi, gente di Spagna, siamw» probabilmente meno facili da accontentare, ma mettiamo più grazia in tutte le nostre cose. È questione di clima. Ve lo figurate, voi un innamorato, sotto una
Cinema. Miuskrazione
bufera di neve, occupato a fare una serenata alla sua. donna? Tutte le grazie e le arti dell'amore, possono essere praticate soltanto in un paese che si crogioli al sole, dove la brezza porta effluvi amorosi.
— È bello, certamente, ma mi sembra alquanto artificiale, questo modo di fare all’amore. Evidentemente, voi spagnuoli date troppo peso ad una cosa tanto semplice ed elementare qual'è l’amore. Noi, svedesi, non perdiamo tanto tempo...
— E questi sorid appunto gli effetti della civiltà, che-riesce ad abbellire l’ele
mentare di certi ‘sentimenti con una atmosfera tutta ideale. L'amore perfetto. pia — Scusate, don Antonio, avete parlato d’amore perfetto?
— Forse non credete nella pos.
sibilità della, sua esistenza? — Mah... forse sarà possibile, pure, temo. sia
una illusione. Credo non sia altro, anzi, che un sogno dorato del quale tutti ci compiacciamo, ma che non lo si trovi mai, nella vita reale. È come in tutte Ie cose: si sogriano
pugnando ‘una. pistola, dominava can lo ‘seltar
dugutia oso: l'assemble