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Cinema Illustrazione (Feb 1935)

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5 — Il cuoco sono io! — strillò Archimede. — E senza di me, la signora morrebbe! — No, il cuoco sono io, — ribattè Tomamoto. — Costui è entrato qui a viva forza, ed ora mi vuole cacciare! —. Ma la signora non può mangiare al. tri cibi che quelli preparati da me, santi numi! — E vero, — fece Geraldo. — Abbi pa zienza, Tomamoto: durante tutto il tempo che la signora rimarrà qui, la cucina la farà Archimede. —. Ed io non sono contento, signor Fitzgerald! Quest’intrusione è contraria alle. regole del saper vivere! — Sta zitto, Tomamoto, e fa come me: rassegnati. Intanto, prepara qual cosa nella mia valigia. Vado ad abi tare all'albergo, finché la signora starà qui. Ti manderò poi a dire dove farmela, portare. i Tomamoto si strinse nelle spalle, come a dire che, se ci fosse stata morte d'uomo, in seguito ai manicaretti confezionati da Archimede, lui se ne lavava le mani e, posato il coltello, se ne andò ad aprire l’uscio, poiché avevano di nuovo suonato. Capitolo V. Il ritorno. Dal rumore che si levò in anticamera, dalle grida, dall'abbaiare di Totò, dalle fragorose espressioni di benvenuto, Geraklo comprese che Lisa era finalmente arrivata. E le si fece incontro, inchinandosi correttamente. — Eccoti a casa tua, Lisa, — disse. — Sii la benvenuta. Io andrò a stare al l'albergo, fino a quando tu starai qui. — Grazie, Geraldo, — rispose ella, ma un po’ fredda,{ — Questo si chiama trattare da amico, E, se tali dobbiamo restare, diamoci una buo na stretta di mano. — Sì, cara. Resteremo amici, e così avrò per amica la più affascinante donna del mondo. — Davvero? Tu mi ritieni ancora tale? Quand'è così, mì sento incoraggiata a farti una confidenza. Ti dirò qual'è la vera ragione del mio arrivo: quando ricevetti la tua lettera, contemporaneamente a quella dell’avvocato Mas sey, io avevo già trovato un uomo! — Eh? Che cosa dici? — scattò Geraldo, allarmato. — Un uomo? Tu? — Si, E che uomo! Ha solamente vent'anni, è vero, ma se tu sa pessi che grande poeta! È povero, non ha nulla da offrirmi, fuor. ché i versi che io gli ispiro. Te li farò leggere, vedrai! — Scusami, Lisa, — l’interruppe “ Geraldo che era andato osservan dola attentamente, — ma io non ti credo! — Ah! Non mi credi? — gridò ella incollerita, — .Tu giudichi gli altri secondo te stessol Tu sei stanco del mio amore. Tu vuoi la pace per occuparti dei tuoi affari, non è vero? — Non ero stanco del tuo amore, ma solamente di Totò; — protestò Geraldo, — Credi che fosse divertente vedermi mettere tutte le sere alla porta col.tuo cagnolino sulle braccia? E proprio quando il mio cuore tere per te, al ritmo della tua voce d'oro, di vibrare per la tua arte impareggiabile? -— Sei tu che mi lasciavi sempre solal — esclamò ella, con palese ingiustizia, perché come tutte le donne; ora ricordava sotamente quelle che le faceva comodo di ricordare. — Tu! Ed io, invece, voglio vivere con tutta l’anima! Vivere di. senti. mento è di poesia. E tu scappi, per tornare in America a prender cura dei tuoi affari! — Ora basta, Lisa, — l'inter. ruppe lui, energico, perché sentiva ‘di stare ‘per perdere la pazienza. -— Basta con questa commedia dabambina capricciosa. Tu sei ‘stata troppo: viziata. Hai sempre fatto tutto quello che ti è piaciuto fare, Ed io stesso ho sempre cercato di soddisfare tutti i tuoi desideri, Ma ora non più. Non voglio: lasciarmi. prendere in giro... su gli tese la mano, sempre s0r-' dendo.» non desiderava altro che di bat-, Eh, che cosa c'è di nuovo? — chiese a questo punto, interrompendosi, e volgendosi all'uscio, dove era comparso Tomamoto. — Hanno portato dei nuovi fiori per la signora. Dove li devo met. tere? — Ma nella sua camera, perbacco. Andiamo a vederli, Lisa? Andarono, e rimasero di stucco. La nuova offerta consisteva in una corona, dall'aspetto funebre, ornata di una grande colomba bianca, imbalsamata. Lisa si avvicinò, e lesse il nome dell’offerente. — Flora Preston? — chiese poi ad alta voce. -— Flora Preston? Chi sarà mai? — 0h, Lisa, ecco come leggev le mie lettere. Non ricordi nemmeno che ti ho scritto di lei varie volte... — Ah, giàl — fece Lisa, sarcastica, — Ora ricordo. Molto gentile, quella signora. Mi manda una corona funebre, e poi ci fa mettere su una colomba bianca, enblema di pace. Deve «...vedermi mettere tutte le sere alla porta col tuo cagnolino...” essere di una delicatezza... — Ma, Dio mio, si sarà trattato d’uno sbaglio del fioraio! — 0h, come sono infelice! — esclamò Lisa, senza dar retta alle proteste di lui. — Ora permetti anche mi si insulti... -— Ma, Lisa, insomma! Tu lo sai che io non ho nulla a che vedere con questo! Lo sai che ti amo ancora... ché ti adoro... che penso solamente a tet Tu sei, ancora, l’amante ideale, la dorina più affascinante, per me. Stava per aggiungere altro, quando il campanello del telefono prese a squillare. — Pronto, — fece lui, — chi parla?... Ah sì, non me ne sono scordato... Sì. verrò presto... Non dubitare... Ho ancora qualche faccenda... Sai, abbiamo da parlare dei nostri affari... Sì, a fra poco... Arrivederci! Riattaccò sbuffando il ricevitore, e si volse verso Lisa che lo stava guardando con occhi pieni di sdegno. -— Dimmi la verità, Geraldo. È quel la donna, che ti telefonava! — Sì, è vero, — rispose semplice mente lui. — Quando saremo divor. ziati, tu sposerai il tuo poeta, ed io... E si strinse nelle spalle, come a si gnificare che ormai l’irrimediabile s'era avverato, e che non c'era più nulla da fare. — Ma ora debbo andare, — aggiunse poi, approfittando dello stupore che aveva reso Lisa incapace di dire una sola. parola di più. —— Debbo andare dall'avvocato, | il quale mi ha assicurato che oggi stesso avrebbe avuto il decreto di divorzio, E, se me ‘lo vorrai permettere, te lo porterò questa sera stessa. Tanto, vedo che hai fretta di liberarti di me. a «.Geraldo le presentace, con un bell'inchino, il decreto di divorzio...