Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

Record Details:

Something wrong or inaccurate about this page? Let us Know!

Thanks for helping us continually improve the quality of the Lantern search engine for all of our users! We have millions of scanned pages, so user reports are incredibly helpful for us to identify places where we can improve and update the metadata.

Please describe the issue below, and click "Submit" to send your comments to our team! If you'd prefer, you can also send us an email to mhdl@commarts.wisc.edu with your comments.




We use Optical Character Recognition (OCR) during our scanning and processing workflow to make the content of each page searchable. You can view the automatically generated text below as well as copy and paste individual pieces of text to quote in your own work.

Text recognition is never 100% accurate. Many parts of the scanned page may not be reflected in the OCR text output, including: images, page layout, certain fonts or handwriting.

Disperazione carriera. Se la mia faccia vi fa simpatia, credo che la vostra nobile persona la pubblicherà sul giornale » . Un terzo : « Non sono bello come Tajlor, né aristocratico come Tone, neppur spiritoso come Cagnej, né agile come Fairbanks: ma sono un tipo italiano ». Naturalmente, tutti i pretendenti alla gloria parlano di iscriversi al Centro Sperimentale : ma lo fanno con un tono pochissimo convinto, quasi per scrupolo di coscienza, per far vedere che hanno intenzioni serie. Questa scarsa simpatia è spiegabilissima: il centro, infatti, è una scuola, e, come tutte le scuole, parla alla mente soltanto di studio, di preparazione, di esami, mentre, per i sognatori grafomani, il cinema è soltanto fantasia, avventura, colpo di fortuna raggiunto magari con sacrifici romantici (freddo, fame, rinunzie) ma che di colpo può dare la Gloria, senza tirocini e senza settimanale delle lezioni. Così pure, in queste lettere si parla di Cinecittà e della Scalerà, ma non è difficile indovinare che ciò che i fantasiosi sognano è Hollywood, quella che li affascina non è la fama casalinga dei nostri interpreti, ma la rinomanza internazionale degli attori d'oltre oceano. Gente che confessi di sentire in sé il germe di un Melnati, di un De Sica, di un Ruggeri , non è dato trovarne : i modelli illustri sono Gable, Powell, o, per male che vada, Bruce Cabot. Con le lettere, giungono, a pacchi, le fotografie: opera di qualche discreto professionista (e vien da rimpiangere il denaro speso da gente che, certo, ne ha poco, per simile vanità) o, nella maggior parte, prodotti o delle « foto-lampo » (sei pose cinque lire) o di un compiacente amico con la Kodak. Tutte fotografie, naturalmente, che so no specchio fedele delle lettere che accompagnano, ritratti che mostrano spesso visi di onesti operai, e di artigiani inutilmente congestionati per raggiungere una espressione, o resi deformi da un tentativo di maschera. Altre volte, non avendo nulla di meglio, il sognatore ha mandato un gruppo di famiglia : e allora, davanti ad una intimità così scioccamente messa in piazza, se ne ha quasi un senso di vergogna, come per una indiscrezione, tanto più che è facile riconoscere, attorno al viso artificioso dell'aspirante, la composta perplessità dei parenti tirati in ballo. Se gli uomini si mantengono nei limiti di una serie tradizionale di espressioni, che va dal tipo sportivo e spregiudicato, con la pipa in bocca e il bavero dell'impermeabile QoO colletto alla Stuarda, al Tarzan in costume da bagno, le donne spaziano in un campo più vasto, che comprende tutte le basse imitazioni degli atteggiamenti fatali o spregiudicati di tante attrici di grido. Spesso si resta sgradevolmente impressionati da certe pretese di mondanità o di seduzione, che contrastano con gli abiti e gli ambienti miseri che la fotografia brutalmente riproduce. Ma il genere di fotografie che più spiacevolmente colpisce, è quello delle bambine di cinque o sei anni : ritratti, questi, mandati, com'è logico, non dalle interessate, ma dalle madri che assicurano che la piccina sa cantare, balla, è piena di vivacità, ed è certo destinata a divenire la Shirley Tempie italiana. Dinnanzi a un simile orgoglio materno, si pensa, senza avvedersene, a quei numeri di varietà intitolati « La bambola Lenci vivente » o alle lontane storie di saltimbanchi: e nessuna simpatia si riesce a provare per le madri di sì promettenti meraviglie. Potrà sembrare strano che si sia parlato poco, sin qui, delle aspiranti attrici : a prima vista , verrebbe fatto di pensare infatti che, ancor più degli uo mini, le donne debbano abbandonarsi a simili romantiche visioni. Viceversa, nella corrispondenza che ho avuto sott' occhio, ho notato che il sesso gentile ha un maggior controllo, una maggiore compostezza anche nell'esporre i propri desideri. Ripeto, si tratta di esperienza personale: altri potrebbero, documenti alla mano, smentirmi, ma, quanto ho visto, mi ha dato questa impressione. Ci sono, si capisce, le invasate (« vorrei che un ridente giorno mi fosse esaudito il folle desiderio » « non mi voglio illudere con vani sogni, ma arriverò ad abbracciare il mio folle desiderio » « desidererei un ruolo fra le più aspre belve ») e ci sono le piccole ipocrite (una signorina di famiglia milanese mandò una fotografia ove lei era accanto al padre « perchè possiate vedere se abbraccio bene ») ma ciò che mi rende ottimista, è quello che mi ha narrato un mio conoscente, redattore di una rivista in rotocalco. Da ima città di provincia, prossima a Milano, giungevano spesso lettere di una ragazza che insistentemente chiedeva le fossero aperte le porte di Cinelandia : un bel giorno il mio conoscente si decise, e si recò sul posto per vedere un po' cosa c'era da fare per questa promessa del nostro cinema. Ebbe un'accoglienza stranissima: dapprima la ragazza negò di essere stata lei a scrivere, poi, messa alle strette, finì per ammetterlo, ma scongiurò d'esser lasciata in pace, disse che a casa sua stava benone, che non se la sentiva di andare a Roma, che il suo moroso non l'avrebbe mai permesso. Insomma, al momento decisivo, il buon senso si era imposto sulla fantasia: e questa, con tutta probabilità, sarebbe la conclusione alla quale impiegati, operai e sartine giungerebbero al momento di lasciare il certo per l'incerto. Si potrà obbiettare che, in tal modo, il nostro cinema non potrà mai contare su un abbondante materiale fra cui scegliere i pochi campioni occorrenti : ma è preferibile che pochi siano i partenti, e quei pochi decisi e preparati, piuttosto che Cinecittà divenga l'origine di centinaia di delusi e di spostati, di quelle centinaia cioè che oggi s'accontentano di sfogarsi innocentemente sul giornale del loro cuore. VAasaLO ALBERINI L'indiano Valentino era pugliese 288