Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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-» 'FACCIAMO UN FILM?' RICORDI RI PRODIZIOAE 1931 (continuazione e fine) MONTATI in fretta gli ambienti nel teatro di posa, incominciammo a girare le scene che si svolgevano negli interni. B. V. Camagni recitava e dirigeva nello stesso tempo, mentre io badavo ad ottenere dall'operatore le inquadrature migliori. Per una settimana lavorammo dall'alba al tramonto, sfruttando ogni attimo di luce buona. L'affìtto del teatro costava carissimo, e non c'era tempo da sprecare. Il sabato pomeriggio l'ultimo giro di manovella era dato, e alla sera, dopo pranzo, stanchi ma eccitati ed ansiosi ci riunimmo dinanzi ad un piccolo proiettore per vedere i positivi delle prime quattro giornate di lavoro, che solo quel giorno era stato possibile avere dallo stabilimento di sviluppo e stampa. La proiezione incominciò. Passò una scena, indi un'altra, brevi, nel più trepidante silenzio. Sul piccolo schermo le figure apparivano confuse, quasi indistinguibili. « Più luce! » esclamò l'attrice. « L'arco è al massimo » rispose il segretario, che faceva andare il proiettore. « Ma allora, perchè non si vede chiaro? » chiesi io. Il segretario spostò l'obiettivo avanti, indietro, toccò l'arco, ma la proiezione non migliorava. Un dubbio tremendo aveva assalito ognuno di noi, ma nessuno osava manifestarlo. Quando la pellicola finì e la luce venne riaccesa guardammo l'operatore. Egli era livido, sudato. Svolse il positivo, guardandolo controluce, con mani tremanti. <( È stampato malissimo! Chi sa perchè hanno virato quasi tutte le scene. Avevo pur detto che le stampassero in bianco e nero... » balbettò. Poi soggiunse: « Del resto con questo proiettore non si può giudicar bene... » Era ormai vicina la mezzanotte. Con due botticelle filammo al Cinema Quattro Fontane ove, quando lo spettacolo finì, ottenemmo dal direttore di poter proiettare la bobina che avevamo portato con noi. Fu peggio di prima. Tutte le scene erano deboli di posa, alcune sfocate; una settimana di lavoro e molte migliaia di lire erano irrimediabilmente perdute! Quando nella vasta sala vuota e puzzolente dell'odore della folla che fino a poco prima vi si era accalcata, la luce si riaccese, l'operatore era scomparso. Egli non aveva aspettato la fine della proiezione, né mai più ci riuscì di vederlo. Sapemmo qualche tempo dopo che aveva lasciato Roma e il mestiere. Io ero rimasto avvilitissimo da quel colpo inaspettato e mi sentivo pieno di rimorsi, sebbene non avessi nessuna colpa. Ma nel 1920 non s'era ancora abituati a conside rare una donna nelle vesti di uomo d'affari, ed in un certo senso mi pareva che B. V. Camagni si fosse affidata a me e che quindi mia dovesse essere la responsabilità di quanto potesse accadere. Ella invece sopportò la cosa con grande bravura, e quella notte medesima decise di continuare il lavoro, rifacendo tutto daccapo con un altro operatore, che l'amministratore ebbe incarico di trovare il giorno dopo. Il nuovo operatore fu Arturo Gallea, che allora era un giovinotto, ma che subito diede prova di conoscere i segreti della Debrie. Ammaestrato tuttavia dalla esperienza precedente, che aveva fatto sbollire i miei entusiasmi, io diventai cauto e guardingo. Non davo più credito a tutto quello che mi si diceva, e con l'intento di rimediare un po' alla perdita subita, esigevo una applicazione al lavoro che sorpassava i limiti delle capacità di tutta quella gente, specie degli attori, abituati invece a fare secondo il loro comodo o i loro capricci. Gli interni vennero rimontati e girati di nuovo, quindi venne la volta degli esterni, per i quali fu necessario allontanarsi anche da Roma. Ora durante la ripresa di queste scene, ch'era necessario girare di buon mattino per approfittare delle migliori condizioni di luce, non mi riusciva mai, come pretendevo nei miei ordini del giorno, di veder riunita la troupe degli attori e dei collaboratori per le ore che fissavo, e che erano sempre molto mattiniere. Colui che si faceva sempre aspettare era l'amministratore. Impossibile di vederlo giungere prima delle nove, e talora non si faceva vedere affatto avanti mezzogiorno. Dopo averlo richiamato alcune volte gentilmente, un giorno lo presi da parte e gli Atto I Noemi: 'Se volevate convincermi, vi ho accontentato. Ora posso anche andarmene' Atto II Paolo: 'Fra la signora e me c'è un patto che le lascia intera la sua libertà' 310