Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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e angoscioso da « sforare », da dar nell'irreale. C'era un bell'esempio di questo fatto in un film di Léger, le ballet mécanique, (1923) in cui una scala appariva, presa dall'alto, e una donna la saliva. Stacco. La donna era di nuovo al punto di partenza; risaliva; era in cima; stacco; era giù di nuovo; risaliva, e così via. Questo succedeva nel 1923. Nel '23, l'anno in cui René Clair fece paris qui dort seguito l'anno dopo dal più noto entr'acte. Siamo alla avanguardia non più strettamente sperimentale ma applicata. Siamo al carro funebre tirato da un cammello. Noi non possiamo soffrire l'avanguardia a scorci di grandi città moderne e sovrapposizioni di pubblicità e di traffico e di volti angosciati. Non ne è immune neppure un regista della portata di Pabst. Ma invece, l'irrealtà è una questione di tono, non di sovrapposizioni e di montaggio. In questo ultimo senso l'avanguardia è finita, non interessa più; Berlino di Ruttmann ci è sospetto. È assai più interessante la statua di Ozep (mirages de Paris) che apre senza tante storie l'ombrello. È finita l'alchimia, è finita la saletta chiusa per intimità cubiste. Un genere più narrato e lineare si è valso dei buoni risultati dell'avanguardia che lo ha preceduto; e si è visto molto di nuovo. Insomma se è scaduto il gusto dell'avanguardia sporadica per iniziati, sperimentale e frammentaria, esso non è invece esaurito in quanto si è inserito in vicende raccontate più o meno normalmente, ch'esso aiuta a portarsi su uno speciale piano sorprendente e folle. Occorre una immensa bravura, una capacità di condurre lo spettatore in un modo nuovo e provvisorio di ragionare. Il difficile non è far ridere con un cavallo che parla; il difficile è mettere lo spettatore nello stato d'animo di accettare quel cavallo che parla come una cosa naturale, coerente, sullo stesso piano del resto. L'assurdità, l'irrealtà nel cinema hanno una storia caratterizzata da prodotti europei. In America certi disegnatori, per esempio nel New Yorker, hanno fatto dei passi nella direzione che più interessa, quella cioè dell'assurdo narrato con coerenza e serenità. Una donna di James Thurber è dallo psichiatra ed affabilmente egli le si volge: « Voi mi dite, signora, che quando voi guardate una persona, vi pare che essa abbia orecchi di coniglio. Ora, che intendete esattamente dire con questo? ». La cosa importante è che lo psichiatra ha 'Troppo tardi t'ho conosciuta' di E rumarmele Caracciolo appunto le orecchie da coniglio. Una mia amica disegnò sulla rivista dell'Università di California un signore in visita al manicomio. « E questo » gli dice il medico « è il più buffo dei nostri pazienti. Figuratevi che crede di essere invisibile ». Ora, il fatto è che il letto è vuoto. È noto che un recente film italiano ha portato, con qualche successo, nel film i modi d'un giornale umoristico, ottenendo certi risultati interessanti. Ancora più recentemente ci è parso di riconoscere in certi pas si del film di Caracciolo troppo tardi t'ho conosciuta, quella tranquilla follìa che è necessaria a vicende del genere accennato : un mondo sempre più svincolato dalla realtà comune, si presenta a noi con tranquillità e coerenza. Le rappresentazioni teatrali di un tenore sono pagate in animali (cfr. Clair), le stanze sobriamente si popolano di giraffe, manichini, racchette da neve. Una vicenda che incomincia con apparenze paesane, fra due mulini e un Sale e Tabacchi, si inoltra inavvertitamente negli ambienti anormali dell'allucinazione. Non sono mai persi del tutto i contatti col punto di partenza; al contrario, la vicenda è così nota che sembra echeggiare di proposito il luogo comune; solo che qui tutti parlano come se avessero una strana coscienza di questo., mantenendosi in uno stile molto più letterario del solito. Questo permette ai personaggi quel distacco, quella specie di allucinata incoscienza che è necessaria alla loro anormalità. La scena più bella è quella delle due donne rivali, in un cabaret disfatto. Un'altra coppia di donne balla al suono di un sassofono solo. Le rivali si combattono con una calma tristezza di fronte a un tavolino capovolto. A un certo punto le altre due donne chiedono: « Voi non ballate? ». Le rivali si uniscono in una calma e fantomatica danza. Tutto sembra reso possibile dalla ferma e puerile follia che è nei loro sguardi. R M_ PASINETTI 319