Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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PREDICA NATALIZIA LA QUESTIONE MORALE LA PRODUZIONE media in un dato campo potrà anche riuscire a mantenersi ad un dignitoso livello per semplice forza d'inerzia, cioè per merito d'una provata competenza e d'una organizzazione che finisca in certo modo per andare avanti da sé. Però il cinema ha bisogno anche delle grandi eccezioni, delle opere di statura eminente che siano degne di rimanere memorabili e producano per dir così una spinta verso l'alto, opere tali da trascinare con sé anche la produzione minore sia perchè nobilitano il genere, sia perchè creano impegnativi precedenti, esempi istruttivi. Le grandi eccezioni, com'è noto, vi sono state nel cinema, tanto da attrarre verso di esso il fiducioso interesse degli uomini di cultura e di gusto. Vi è stato anzi addirittura l'eccesso opposto : letterati ed artisti hanno in parecchi casi preso il cinematografo con entusiasmo come una nuova moda, offrendo talvolta magari uno spettacolo di volonterosa incompetenza. Abbiamo alluso alle opere eminenti, alle grandi riuscite del cinema, perchè il ricordo di esse può suggerirci più esattamente quali siano alla fine dei conti i più essenziali problemi di quest'arte ed i più attendibili criteri di giudizio. Ebbene diremo che dopo avere ascoltato con giusta attenzione molto di quel che si dice e si scrive sui problemi tecnici, organizzativi, industriali del cinematografo, il ricordo dei capolavori ci indica come anche in questo campo il problema essenzialissimo sia un problema morale: e quando diciamo problema morale intendiamo anzitutto alludere alla moralità dei produttori, degli scrittori, degli artisti del cinema. ÌÈ evidente che le grandi opere cinematografiche, al cui esempio occorre sempre al meno ispirarsi, se non si vuole che il cinema perda per noi ogni sostanziale importanza, sono uscite da persone per le quali l'interesse fondamentale era quello di creare novità e bellezza, di dire a pubblici ignoti una propria parola ritenuta importante : l'interesse, in altre parole, che distingue gli artisti e dà loro uno scopo. Che questo sia il problema essenziale, e che esso appartenga al mondo morale, non può essere posto in dubbio. Altri interessi possono esistere in chi si dispone all'opera cinematografica, non escluse l'attrattiva del denaro e la vanità. Ma chi lasci predominare interessi così effettivamente secondari deve ammettere almeno di avere perduto ogni rispetto di se stesso in quanto artista, od ogni fiducia nel cinematografo come serio mezzo di espressione. Quando un gruppo di persone si preoccupi — o sia posto in condizione di doversi preoccupare — sopratutto della invenzione di « gags » o della conquista di noleggiatori, non da esso usciranno opere importanti. La questione deve spostarsi verso tutt' altro campo : ci si deve preoccupare di esprimere un mondo di sentimenti e di idee, di suscitare commedia o tragedia dal conflitto di caratteri, e per gli attori di imparare a dare esistenza a tali caratteri passo per passo, con immenso studio. Questi sono i problemi che interessano. Il costume, il gusto, lo stile di vita di quelli che fanno del cinema ne è investito in pieno. La società, la classe che essi per forza di cose finiscono col formare acquista certi caratteri suoi, che ne mettono in evidenza i meriti o ne denunciano le manchevolezze. Infatti essi sono coloro, nelle cui mani è affidata la più popolare delle arti; quindi essi si sono assunti una parte importante nella funzione di rappresentare la nostra società di fronte ai lontani ed ai posteri; in certo modo, essi ci rappresentano; per questo ci debbono interessare, dobbiamo pretendere da loro un alto livello di gusto, di cultura, di talento. Noi dobbiamo quindi protestare se il loro gusto si rivela basso o insignificante, la loro cultura inadeguata. Ci viene naturale di infastidirci e preoccuparci se incontrandoli troviamo che la lgjo conversazione è -stucchevole, le loro abitudini sono meschine ed imitate, se poco o nuMa, insomma, troviamo in loro del costume e dei modi degli artisti, o almeno dei seri professionisti, se nei film che essi producono molti altri interessi hanno soverchiato quelli essenziali, se l'ansia di guadagno li guida in modo decisivo, se perfino i loro amori sono a volte guidati da ambizioni di riuscita e da una vanità di successi mondani la quale manca perfino di' quegli aspetti fastosi e di quegli elementi di astuzia e di stile che ce la renderebbe interessante come caso umano. Abbiamo alluso all'esempio delle opere massime, ma non si deve con questo credere che una completa intransigenza di giudizio debba sussistere solo nel caso di tali eccezioni. Anzi la stessa produzione normale non può riuscire ed incanalarsi in un clima di approssimazione e di frivola incompetenza; il problema della serietà, dello stile, del costume vale anche nei casi più numerosi d'inferiore pretesa. Se pure qui non sarà il caso di esigere che l'opera si addossi ogni volta la responsabilità della grande commedia o della grande tragedia, deve sempre rimanere fermo il rispetto di ciascuno per la dignità e l'importanza del proprio lavoro e debbono esistere quell'amore della precisione, quella sobria abilità e quell'orgoglio professionale che nei nostri antichi Paesi vediamo nell'opera degli artigiani, anche quando la paragoniamo a quella di artisti individuati ed eminenti. P. M. PASLNETTI 373