Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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LETTERATURA AMERICANA IN TUTTA Europa, e così in Italia, si legge assai di letteratura americana contemporanea. Tradotta bene, tradotta male; e spesso più male che bene. E a poco a poco, la curosità e l'interesse hanno finito per scalzare dal suo dominio la letteratura francese; che, nella circolazione internazionale, fino a venti anni fa, aveva primeggiato. In fondo alla provincia, nella piccola libreria di chi vuol tenersi al corrente, oggi si trovano, tradotti bene, tradotti male, Faulkner, Cain, Caldwell, Steinbeck; come nella bibliotechina dei nonni o degli zii, si trovavano Zola e Bourget. Il fenomeno ha una quantità di ragioni; ed io sarei l'ultimo a negare che una di esse risieda nell'intrinseco pregio artistico e nell'interesse umano della nuova letteratura d'America. Ma, all'atto pratico, non è certo questa la ragione principale. Si comincia, che gran parte dei lettori è impreparata ad una valutazione estetica, e neanche lontanamente se la propone. Pochissimi leggono le opere nell'originale; e i volumi più divulgati dalle versioni non sempre sono i più belli. Ci devono essere, insomma, moventi più esteriori e materiali, in quest'invasione letteraria americana; -ed alcuni, all'incirca, potrebbero esser questi. L'unica forma letteraria di gran diffusione è la narrativa, sopratutto il romanzo. E l'America è oggi il solo paese che produca romanzi e novelle in quantità da alimentare cotesto consumo; e di un tipo caratteristico, capace di creare una moda che oltrepassi le pareti dei cenacoli letterari; lo stesso che, più o meno, era accaduto ai tempi del romanzo naturalista francese e del romanzo russo. Con l'accrescersi dei mezzi di comunicazione, il mondo, a grado a grado, s'è accorciato, ed è divenuto più familiare. Quel senso d'una vita diversa, che i nostri nonni andavano a cercare a Parigi, o al massimo a Londra o Berlino; oggi s'è rifugiato di là dall'oceano, e non si può trovarlo meno lontano di Nuova York. Si potrebbe dire, ironicamente, che, come un tempo Parigi, oggi Nuova York è diventata la Mecca degli esterofili di tutto il mondo. Chi non può andarci in piroscafo, ci si fa portare da un libro. Prima, dunque, con la fama e con le leggende del proprio sviluppo finanziario e industriale; poi con la romantica e popolare divulgazione del jazz e del cinema, e perfino con l'enormità di certi delitti, l'America è riuscita a stimolare ed accaparrarsi la curiosità europea. Un episodio decisivo fu la Grande Guerra; durante la quale l'imitazione americana in Europa inconsciamente si spande e organizza. La letteratura nar rativa rappresenta, finora, l'ultima tappa. Un giorno gli studiosi d'evoluzione delle idee e del costume, documenteranno e scriveranno pazientemente la storia di questa penetrazione. Oggi, per noi, è troppo presto; non tanto però da non renderci conto, di già, che non sarà una storia tutta fiori e rose. Ed ecco un fatto curioso. Faulkner, Cain, Caldwell che, insieme ad alcuni altri, rappresentano le forze più autentiche della odierna narrativa americana : comparativamente, son noti ed apprezzati più in Europa che in America; dove le loro opere e i nomi rimangono mezzo sommersi nella sterminata produzione per lettori dozzinali, che dà la propria, grigia fisionomia al mercato librario. Una constatazione simile può farsi nel campo cinematografico. Chaplin, la Garbo, la Dietrich, la Hepbum, in America son meno quotati che in Europa; e vi stanno quasi sullo stesso piano di artisti che noi ci ostiniamo, certo giustamente, a considerare di merito inferiore. Tralasciando di chiarire i motivi, assai ovvi, d'un simile spostamento di valori dal nuovo al vecchio continente, sono da notare ben altre rispondenze e reciprocità fra letteratura e cinema americano. Non è forse la prima volta che un'arte, che può qualificarsi minore, ha esercitato, nella tecnica e nella materia espressiva, i propri influssi sopra un'arte nobile. Ma non per ciò le correlazioni sono meno interessanti. Un tempo mi divertivo a scandagliare, dentro una od altra produzione cinematografica, i riflessi e le tracce dei classici ottocenteschi : Hawthorne, Poe, un po' meno Henry; nei quali ebbe la sua prima definizione il primitivismo americano; che, tanto che rida o che pianga, che venga dal rancho, dal presbiterio o di dove vuole, è sempre (e così, del resto, ogni vero primitivismo) a fondo demonico, fantomatico, allucinativo. Questo fondo, questa materia, potevano essere cucinati in molte salse. Ma nei caratteri essenziali restavano più o meno gli stessi; anche in proiezione capovolta: parodiati alla Mack Sennett, quanto prima erano stati liricizzati. Poe ne aveva tratto la Casa Usher; Hathworne, i Ritraiti profetici, Il velo nero, Il caso Higginbotham. Tali situazioni, che cosa ci voleva a farle diventare, per esempio, situazioni keatoniane? Che bellissimo parallelo si potrebbe scrivere fra la Casa Usher e Accidenti che ospitalità! E magari, fra 77 mistero di Maria Roget, Gli assassina di via della Morgue e la Palla n. 13. Rovesciare una situazione, dal tragico al ridicolo, è come ristamparla a luci invertite ; il nero al posto del bianco; che non significa eluderla, o sopprimerne certe elementari ragioni fantastiche, psicologiche e tecniche. Ed infine, ha poca importanza che uno spettro sia lo spettro di Giuda o quello d'una vecchia zia, dal momento che si tratta sempre d'uno spettro. Ma veniamo a constatazioni più dirette e concrete. Nella maniera del racconto, nella scelta di certi particolari, di certi tagli e trapassi, la letteratura americana apprese moltissimo dal cinematografo; prima d'essere ammessa negli stabilimenti, reparto sceneggiature, a rendere così al cinema, almeno parzialmente, quello che ne aveva tolto. Uno spoglio e un'elencazione di luoghi, immagini, frasi, sigle, stilemi, da romanzi degli scrittori prima ricordati, ci fornirebbe una voluminosa Regia Parnassi, di nuovissimo genere; pur restando esclusa, inutile avvertirlo, la benché minima presunzione di completezza. Si pensi alla prima battuta di Pylon : la vetrina dallo zoccolo ingombro di coriandoli e stelle filanti, e dietro al vetro il trionfale paio di stivali a gambaletto. Non basta dire eh 'è una ricerca, una resa, magari ostentata, di pittoresco; se non s'intende un pittoresco estremamente riconoscibile e funzionale ; il pittoresco cinematografico. Il racconto si distacca da questa « inquadratura », quasi col movimento d'una macchina da presa che accompagna l'attore. E quando Jiggs, a pagina due, l'obbiettivo della macchina puntato sulla schiena, entra in bottega per l'acquisto degli stivali, una quantità di materia è già immessa nella trama, pel modo di quella presentazione ambientale, di quello scorcio di figure e d'oggetti; né si tratta soltanto d'uno sfoggio di gusto e abilità, ma d'una nuova attitudine a cogliere il significativo: e un'attitudine schiettamente cinematografica. Leggevo recentemente The Unvanquished, dello stesso Faulkner. Anche qui lo schedatore avrebbe da fermarsi ogni minuto; ma segnando con inchiostri differenti. Ecco la scena dei due ragazzi appiattati dietro alla sottana della nonna, quando il colonnello viene a perquisire la casa da cui fu sparato sulle truppe. Letterariamente, la situazione persuade poco; mentre cinematograficamente sarebbe squisita ed elettrizzante. I due elementi non si sono fusi ed equiparati. Così al terzo capitolo, quando nonna e ragazzi, vanno al comando militare, a farsi rendere le mule, i negri e l'argenteria requisita. Tutto apparisce ingegnoso, festoso, d'una felice abbondanza. Ma la narrazione, chi guardi bene, non è realizzata sulla pagina. È come leggere una sceneggiatura, ritmata, calzante, suggestiva; all'espressione delle parole, ch'è appena uno scheletro, noi sostituiamo, senza rendercene conto, un'ipotesi della nostra fantasia cinematografica. Mentre gli scrittori si preparavano a tali innovazioni, il cinematografo aveva fatto anche più che dare l'avvìo a espedienti e procedimenti stilistici e tecnici. Aveva servito a tramandare e a serbare viva, nell'emozione delle masse, quella tradizione e quell'istinto dell'avventura e del rischio che co 374