Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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Umberto Sacripanti in 'Un'avventura di Salvator Rosa' di Alessandro Blasetti (Stella Film) mente identificabili. Ma l'influenza più decisiva è sugli sviluppi estetici. Il cinema è arte collettiva, in quanto prende vita dalla collaborazione fra diversi individui. In analisi non può essere mai opera di uno solo. Questa caratteristica la pone in una situazione essenzialmente diversa da quella di ogni altra forma d'arte. Il teatro, che pure ha bisogno della collaborazione per essere rappresentato, esiste già in volume e l'influenza degli attori non è mai tale da poterne modificare il carattere. Se ne conclude perciò che il teatro è espressione artistica compiuta anche quando non è rappresentato mentre il cinematografo raggiunge la sua completezza soltanto quando ha ricevuto l'apporto di tutte le. collaborazioni che devono contribuire a dare all'opera una sua fisonomia definita. A questo punto la situazione diviene insolubile perchè inscritta in un circolo vizioso, in quanto un'arte di necessità collettiva è minata dal sapersi limitata nel tempo deve chiedere per perfezionarsi la collaborazione a un'altra espressione artistica ugualmente soggetta alla legge del rapido esaurimento, la recitazione. Lo stesso male che corrode il cinematografo stronca l'attore. L'attore è sostanzialmente l'artista più disgraziato perchè deve vivere strettamente legato al presente. L'attore non ha avvenire, non ha speranze, vive giorno per giorno, rinnovando di giorno in giorno la sua fatica, senza fiducia, sapendo di non poter lasciare di sé che una fama generica, legata a dei ricordi e non a un'opera. Identico è il destino del cinema. Dall'incontro di questi destini simili prende vita l'esasperazione di attualità del cinematografo. C'è di che compiangere. L'arte non è mai stata una via comoda : seminata di delusioni e di incomprensione può essere percorsa soltanto quando è sorretta da una speranza che supera i tempi e gli scopi immediati e dà a chi la tenta l'illusione di acquistare qualche cosa che vada oltre la propria esistenza fisica. Ma quando l'arte è strettamente inserita nei limiti di tempo della vita il dramma diviene tragedia; il trascinare l'inutile lotta contro una forza invincibile è l'essenza del mito dei Titani, il più pietoso e disperatamente umano dei miti. Chiuso nel tempo il cinematografo combatte la sua inutile battaglia, e gravato dal senso di effimero che informa tutta la sua attività si sforza di cogliere nell'effimero ogni soddisfazione. Perciò di giorno in giorno l'aderenza del cinema all'attimo in cui viene realizzato diventa più evidente. L'attualità è qui soltanto esasperazione per contrario del desiderio di immortalità. Sembrò un giorno che il sonoro avesse portato il cinematografo ad una svolta decisiva, poiché si ritenne che il maggiore impegno connesso alla parola dovesse potenziare fino al massimo la sua espressione artistica. Oggi uguale importanza è data, sembra prossimo, all'avvento del colore. Noi siamo persuasi invece che l'unica e decisiva svolta il cinematografo potrà averla col perfezionamento tecnico che garantirà alla pellicola una durata illimitata. Quel giorno sarà risolto un problema insoluto da secoli: quello dell'immortalità dell'attore. E l'attore potendo guardare al futuro aiuterà il cinema a spingersi avanti nel tempo e a trovare la sua forma artistica definitiva, non più fine a se stessa ma in funzione di una ambizione che è la più nobile fra le umane. L'arte cinematografica muterà allora forma e spirito per trovare nella normalizzazione della sua funzione uno spirito di aderenza a tutti i tempi. Soltanto quel giorno, quando il cinematografo avrà trovato la sua vera via si potrà stabilire una seria graduatoria di valori, impossibile a stabilirsi oggi che il cinematografo, legato alla formula dell'attuale potrebbe anche dare un effimero predominio a dei valori inesistenti perchè basati su una supina accettazione del presente per il presente. E a questo punto è opportuno dichiarare che la posizione degli italiani nei confronti della produzione cinematografica ci sembra strettamente connessa alla estrema attualità del cinema d'oggi. La nostra tradizione artistica, basata sulla considerazione di valori universali e immutabili nel tempo male si adatta alla fabbricazione di una espressione artistica transitoria che non trova rispondenza in una sensibilità abituata a trarre il proprio alimento vitale ugualmente nel passato e nel futuro, e che al presente crede soltanto come proiezione nell'avvenire. Per questo ci sembra prematuro parlare di arte cinematografica italiana, che a nostro parere potrà trovare il suo solo impulso nel senso dell'immortalità che è strettamente connesso a quanto sul nostro suolo si è fatto e si potrà fare. Concludere queste brevi annotazioni non è facile; una conclusione si potrebbe forse trarre dopo aver analizzato in ogni dettaglio il problema posto; cosa che lo spazio e forse le nostre capacità non ci consentono. Perciò ogni conclusione sarebbe arbitraria, fondata su personalissime illazioni e quindi destinata a non produrre maggiore effetto dei ragionamenti che la precedono. Ragionamenti che già possono essere tenuti per poco prudenti poiché: (( Nessun maggior segno d'essere poco filosofo e poco savio che il volere savia e filosofica tutta la vita » (Leopardi, Pensieri, xxvn). UMBERTO DE FRANCTSCIS 382