Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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FRONTE DI HOLLYWOOD ORA è circa un mese si era delineata, negli Stati Uniti, la imminenza di uno sciopero di tecnici ed operatori cinematografici, indetto dalla International Alliance of Theatrical Stage Employees, che avrebbe coinvolto non meno di 35 mila lavoratori dell'industria del cinema, comportando inolI~ tre la chiusura di alcune migliaia di sale di proiezione. Oggetto della controversia: il rifiuto, da parte dei datori di lavoro, di mantenere alcuni miglioramenti salariali già accordati ad una categoria di tali lavoratori e di estenderli ad altre categorie affini. In questi giorni, a seguito di riunioni tenute dai rappresentanti delle parti contendenti, i datori di lavoro hanno acconsentito un aumento del 10% ai tecnici degli studi cinematografici, così ai 12 mila ai quali tale beneficio era stato accordato da tempo e mai in pratica concesso come ai 23 mila ai quali era stato ricusato. Già, perchè è istruttivo sapere che nella grande e democraticissima repubblica stellata gli aumenti si accordano sulla carta in forma simbolica e si pagano solo se le « condizioni generali lo permettono ». Vediamo cosa è accaduto in questi giorni. L'accordo, infatti, ha un carattere provvisorio ed è valido sino al 15 febbraio 1940: i lavoratori accettano sin da ora di rinunziarvi se i datori di lavoro potranno persuaderli della opportunità della rinuncia, in considerazione delle condizioni generali dell'Europa. Il profeta della Casa Bianca ha parlato e, quel che è più grave, ha fatto intendere che agirà. Ed allora? La guerra anglo-francotedesca è un ottimo affare per l'industria americana del film; i produttori cinematografici si ripromettono di riprendere molte posizioni perdute, di battere in breccia la rinascente industria francese del film (la inglese non ha mai preoccupato); in questa situazione e con i guadagni sempre maggiori si potrebbe anche pensare a dar pratico seguito ai miglioramenti salariali da anni acconsentiti] ma se per caso le chiacchiere del profeta di Washington conducessero alla pace? Cadrebbero allora tutte le possibilità di immensi profitti e cadrebbero in conseguenza gli obblighi di aumenti salariali. È bene precisare, infatti, che la controversia è sorta dopo che i produttori han cercato di rescindere ed annullare un accordo stipulato nello scorso settembre, all'epoca cioè in cui essi stessi (anche attraverso le relazioni presentate agli azionisti da alcune fra le principali società) vedevano a causa della guerra sorgente in Europa la prospettiva del futuro immediato sotto la luce la più favorevole della speculazione. Insomma non si prende come base equa, umana, logica, l'aumento del costo della vita, la giustizia o meno delle richieste avanzate, la logica delle stesse, ma si basa la revisione salariale (come il giuoco di borsa, come la speculazione sui titoli), sul fatto che la guerra durando possa consentire affari anche maggiori agli industriali. E l' American of Labor acconsente di buon grado e le organizzazioni si scambiano una lettera contenente una clausola, per lo meno originale : « Se al 15 febbraio 1940 riuscirete a convincerci che la situazione generale dell'Europa richiede da parte nostra la rinuncia all'aumento, noi rinunzieremo allo stesso ed anche alle maggiorazioni accordate dal 15 agosto 1938 ed in realtà non concesse. Se i produttori non riusciranno a convincere i prestatori di opera vi sarà un arbitrato ad Hollywood. Ed allora si vedrà! A noi, Italiani, retrogradi, conservatori, tirannici, cinici, bellicisti e speculatori del fenomeno guerra, riesce particolarmente istruttivo e divertente quel che accade oltre oceano, nel mondo dal quale ogni giorno arrivano i sermoni moralisti più accesi e la denuncia sullo stato di schiavitù delle nostre masse lavoratrici. Da noi, per colpa del regime autoritario, gli accordi salariali, una volta decisi, entrano in funzione immediatamente; da noi, per colpa di quel diavolo del corporativismo, le revisioni vengono effettuate alla luce sacra dei bisogni di chi lavora e di chi produce e tenendo conto delle esigenze della vita; da noi, professionisti in guerra, il fenomeno bellico viene valutato nella sua immensa portata sociale e di soluzione di problemi invano sollevati e che non si è voluto, con senso di giustizia, risolvere attorno ad un tavolo. Nell'America progredita, nell'America dei sacri principi democratici rooseveltiani il problema di vita delle masse lavoratrici lo si imposta su altre basi : se la guerra durerà, se le masse lavoratrici di Francia, di Germania e di Inghilterra si affronteranno sanguinosamente, se in conseguenza noi potremo approfittare della situazione e trarre colossali profitti, allora gli aumenti salariali richiesti potranno essere concessi perchè è giusto che i fratelli dell 'American F edera tion of Labor possano pensare con maggiore affetto e riconoscenza ai fratelli della C.G.T. o delle Trade Unions inglesi. È un modo di concepire la vita e, principalmente, di considerare, nell'anno di grazia 1940, il problema sociale! D p LUCIANI