Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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L ARTE DI VENDERE *** TORNA, CARO IDEAL! Italia Produzione: S.A.F.A.-E.N .1 .C. Regìa: Guido Brignone Direttore di produzione : Carlo Bugiani Soggetto: E. M. Margadonna, Aldo Vergano Sceneggiatura: Ettore M. Margadonna, Aldo Vergano Dialoghi : Gherardo Gherardi Scenografia : Ottavio Scotti Commento musicale: E. Montanaro, G. Albanese Operatore : Blazel{ , Santoni Musica : Francesco Paolo Tosti Fonico : Tobis-Klangfilm Interpreti : Laura Adani, Claudio Gora, Germana Paolieri, Mercedes Brignone, Ernesto Sabatini, Carlo Lombardi, Loris Gizzi. LA ROMANZA di Tosti a cui il film si intitola percorse il mondo con successo sempre crescente. Non crediamo però che altrettanto potrà scriversi per questo film. Comunque la realizzazione è posta su un piano di grande dignità e la buona volontà è riuscita a supplire, in parte, a certe manchevolezze della sceneggiatura che accenna, più che svolgere, certe situazioni che dovrebbero essere invece completamente spiegate. L'ambiente in cui si svolge la seconda parte del film poteva forse essere sfruttato con maggiore furberia. L'atteso debutto cinematografico di Laura Adani non è stato una delusione: l'attrice, che è fra le nostre maggiori, ha saputo trovare degli atteggiamenti di umana commozione ed ha saputo mirabilmente adattare la voce alle esigenze del cinematografo. ** SEI BAMBINE E IL PERSEO Italia Produzione : Pìsorno-Cine Tirrenici Regìa : Giovacchino Forzano Direttore di produzione : Mino Donati, Giacomo Forzano Soggetto : Giovacchino Forzano, tratto da un brano della vita del Celimi Sceneggiatura : Giovacchino Forzano Scenografia : Antonio Valente Musica : Giovacchino Forzano Costumi: Casa d'Arte di Firenze e Casa Caramba di Milano Operatore: Aldo Tonti Montaggio: Giovacchino Forzano Fonico : Raoul Magni Interpreti : Augusto Di Giovanni, Elena Zareschi, Manlio Mannozzi, Alfredo Rebert, Giulio Paoli, Giulio Tempesti, Giuseppe Addobbati , Silvio Bagolini, Vinicio Sofia, Carla Candiani, Mariu Gleck,. L'UNICO appunto che si deve fare a questa ultima fatica di Forzano è di non aver nessun carattere di cinematografo. Ciò nonostante il film non perde carattere di completo spettacolo e l'indiscusso mestiere di Forzano riesce ad avere presa sul pubblico. La storia verte naturalmente sul famoso capitolo delle Memorie di Cellini che riguardano la fusione, una storia che tutti conoscono ma che non per questo perde il suo fascino. Il torto di Forzano è stato soltanto di avere tradotto in materia teatrale quello che poteva essere autentico cinematografo. Buona e sempre misuratissima l'interpretazione. Elena Zareschi dimostra una dignità e una intelligenza che vanno oltre la parte affidatale. Efficacissimo Augusto Di Giovanni nelle vesti di Cellini. _-_,_-., VICE NEL numero 82 di questa rivista, il direttore Vittorio Mussolini ha rivelato uno dei molti misteri della nostra Cinematografìa e precisamente l'impossibilità, da lui riscontrata, di ottenere i dati riferentisi alle esportazioni all'estero dei film italiani. L'incomprensibile ostilità dei vari produttori a fornire tali dati fa parte degli empirici sistemi imperanti negli uffici delle società cinematografiche romane, ove i produttori sono solo preoccupati e soddisfatti di mettere in cantiere un nuovo film, accaparrare gli attori, il regista e vendere il film a qualcuno che lo paghi qualche centinaio di migliaia di lire di più di quello che è costato. Il risultato è che, quando s'incomincia a « girare », un laconico comunicato viene, non sempre, spedito a qualche giornale : « Oggi è stata iniziata la produzione del film tale; interpreti i tali, regista il tale ». Il produttore al quale, se ha un ufficio di pubblicità o il suo ufficetto stampa, domandate perchè non svolga una maggiore attività pubblicitaria, vi risponderà immancabilmente : « Perchè devo fare io la pubblicità? A me la pubblicità non interessa. Io faccio un film per 700.000 lire, lo vendo per 900.000. Il mio affare l'ho fatto; la pubblicità la deve fare il noleggiatore ». Il quale noleggiatore, ammesso che abbia un ufficio pubblicità che funzioni, come in qualche raro caso, dovrebbe lanciare il film (e ne ha sempre un gruppo dai io ai 30 ogni anno cinematografico da vendere all'esercizio) inventando di sana pianta il « materiale » che gli studi dovrebbero fornirgli, come biografie di attori e registi, spunti pubblicitari diversi, aneddoti di lavorazione negli studi, origine della trama e cento altre notizie e curiosità concernenti la nascita di un film che il pubblico cinematografico vuole trovare nelle pagine cinematografiche dei quotidiani, settimanali e riviste. Quindi la mancanza di materiale originale e l'inesistenza di pubblicisti specializzati per la pubblicità indiretta (accordi commerciali con ditte industriali per abbinare un film a un nuovo prodotto, lancio tempestivo dei libri contenenti il romanzo del film, lancio tempestivo delle musiche del film, concorsi, ecc.), riduce la pubblicità preventiva del film e quella normale e ripetuta sugli attori quasi a zero. Da noi, anzi, è stata vietata come inutile e nociva, chi lo sa perchè, la figura del «publicity agent» personale dell'attore, che giornalmente ne reclamizza il nome e ne regola talvolta perfino la vita. Ma a sua volta anche il noleggiatore, da buon commerciante, pensa : « In fondo quello che io devo fare è vendere il film ai cinema; sono i cinema che debbono fare la pubblicità quando mandano in programmazione il film ». Risultato pubblicitario di tutti questi ragionamenti : il comunicato più sopra citato sull'iniziata lavorazione del film, qualche fotografia pubblicata da alcuni giornali perchè il loro volenteroso redattore si è preso la briga di andarsele a prendere da sé a casa del diavolo dove hanno sede le società cinematografiche; un paio di inserzioncine sui giornali e un po' di brutti manifesti affissi sui muri della città, quando il film va in programmazione, ad opera del cinema interessato. È così che i nostri film arrivano alla prova del fuoco senza essere preceduti dall'aspettativa del pubblico che una buona e intelligente pubblicità può saper creare; i film italiani si succedono sugli schermi alla chetichella, quasi di nascosto. Che differenza con la pubblicità che le grandi case americane facevano prima in Italia (ed eguale ne facevano e seguitano a farne contemporaneamente in una cinquantina di Nazioni, attraverso le loro succursali estere, in altrettante differenti lingue, con criteri preoccupantisi della particolare sensibilità e psicologia di ogni popolo). I grandi film della Metro Goldwyn Mayer e della Paramount, per esempio, incominciavano a essere reclamizzati anche un anno prima che si iniziassero le « riprese ». Poi con studiata intensità la pubblicità sui film e sugli attori aumentava fino all'arrivo in Italia del film che spesso avveniva anche due anni dopo la « prima » in America. Per tre anni, dunque, il pubblico italiano veniva tantalizzato con notizie, primizie, « indiscrezioni », ecc. su un certo film. Ognuno dei 3000 proprietari di cinema può confermare i risultati positivi di queste campagne pubblicitarie. Ancora oggi che le grandi case di Hollywood non ruggiscono più con la loro produzione e la loro pubblicità, vi è in Italia un numero infinito di persone di tutte le età, sesso e condizione che conoscono a precisione il nome della zia di Clark Gable o la marca dell'automobile di Shirley Tempie ma che non potrebbero dirvi se Centa è veneziano o pugliese. Molta produzione americana, anche brutta o mediocre, è stata venduta e seguita ad essere venduta profumatamente in tutto il mondo, grazie al lavoro delle menti insonni dei (( publicity agents ». ERMANNO FRANQUTNET di St. Rémy 27