Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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" BIBLIOGRAFIE BEL CINEMA FUORI dal campo cinematografico, ed anche da molti nel campo stesso, si ignora quale ingente quantità di opere si sia prodotta, che riguardino gli aspetti tecnici, estetici e critici del cinematografo. I primi saggi bibliografici sul film, ancora non sistematici e non del tutto completi, contano circa un migliaio di volumi ed almeno altrettanti scritti speciali comparsi su pubblicazioni periodiche. Inoltre i giornali cinematografici, astraendo naturalmente dai bollettini e dalle rivistine di più o meno esplicita pubblicità, alimentati dalle case produttrici di film, si contano in più di una nazione, a centinaia; la critica cinematografica ha preso, ovunque, un notevole sviluppo occupando sempre un maggior numero di colonne nelle riviste letterarie ed artistiche, e, in alcuni casi, ha raggiunto un livello ed un valore non disprezzabili. Tutto questo è ben comprensibile se si pensa quanta varietà di aspetti il cinema presenti per la sua particolare natura : di arte cioè, alla cui creazione concorrono tutte indistintamente le altre ed alla cui materiale produzione, come è stato già detto, più di duecentocinquanta forme di attività professionali ed artigiane. Volendo, in un breve articolo, trattare della letteratura del cinema, sarà dunque necessario suddividere il campo e circoscriverlo; eliminare anzitutto quelle opere che, con il film, non hanno che una relazione indiretta. Sarebbe evidentemente assurdo che si volesse far rientrare in questa bibliografia tutta quella relativa ai problemi dell'ottica e dell'acustica generale, o quella relativa alle duecentocinquanta attività di cui sopra; la sensitometria non potrà, ad esempio, essere rappresentata se non per quanto si riferisce alla fabbricazione ed all'impiego delle pellicole cinematografiche, mentre naturalmente, la carpenteria od il giardinaggio, potranno figurarvi, se mai, come aspetti particolari della scenografia e della scenotecnica. Se pure limitato in questo modo, il materiale da riordinare non cessa di essere copiosissimo; e, non solo agli effetti pratici della ricerca e della consultazione, ma anche quale ovvia sistemazione teorica, immediatamente si impone, la distinzione che separa il cinematografo come fatto artistico da quella che lo considera come fatto tecnico, scientifico ed industriale. Oggetto della presente nota è quello di offrire 11» quadro necessariamente sintetico, delle pubblicazioni in cui il cinema è considerato come fatto artistico. I primi tentativi di dare al film una valutazione estetica sorgono in Italia, in Francia ed in Svezia, i primi paesi del mondo che abbiano avuto una produzione cinematografica fiorente e nei quali si siano affermati e messi in opera quegli impieghi particolari delle risorse tecniche, che hanno dato all'espressione cinematografica il carattere di linguaggio artistico. In Italia, già nel 1913, S. A. Luciani si sforzava di intendere quanto di specifico ci fosse nel cinematografo e nello stesso anno, un altro italiano, scrittore di lingua francese, Ricciotto Canudo, affermava il film come arte distinta dalle altre, delle quali tentava una classificazione originale. Il cinema per lui era dunque una nuova, la settima arte. II regista svedese Urban Gad, noto anche per la sua influenza sugli esordi della Garbo, e per avere 44 diretto alcuni film interpretati dalla moglie, Asta Nielsen, che fu, come è noto, una delle più grandi attrici che abbia avuto il cinema in quei tempi, pubblicò presto un libro su // film, i suoi mezzi, i suoi fini, in cui però il carattere divulgativo prevale su quello estetico-critico. Nel 1913 in Germania l'Altenloh pubblicò un saggio, ancora oggi molto citato, su La sociologia del cinema (Jena 1913) in cui gli aspetti ed i riflessi sociali, come dice il titolo stesso, prevalgono su quelli estetici. E numerosi sono, in ogni nazione, i libri a carattere divulgativo, per lo più di scarso valore, tra i quali prevalgono i manuali « come si scrive un film » o (i come si diventa attore cinematografico », mentre la piaga della pubblicità alimenta già numerosi giornalisti ed una fiorente letteratura di quart'ordine, sulle pellicole e sulle prime stelle. È in Francia che sorge una più elevata e più critica trattazione del film : Louis Delluc, direttamente influenzato dal Canudo, che può dirsi iniziatore del movimento avanguardistico francese, pubblica, dal 1919 al 1921, una serie di scritti e di libri sul cinematografo e contribuisce a lanciare la parola, forgiata dal Canudo, « fotogenia », raccogliendo, sotto questo titolo, alcune novelle. Il libro del Delluc Cinema et Cie. (Parigi 1919), in una serie di recensioni di film rappresentati a Parigi, offre larga messe di osservazioni di carattere generale ed estetico, spesso molto felici, sostenendo, contro il già più che incipiente commercialismo e l'eccessiva teatralità del cinema francese di allora, il più spontaneo e spedito film americano ed il più magniloquente e patetico film italiano. Dello stesso libro fa parte uno dei primi ampi saggi, dedicato alla più singolare personalità del cinema, Charlie Chaplin. È interessante notare come il critico francese abbia riconosciuto, già prima della febbre dell'oro e del pellegrino, il valore artistico di Charlot, al quale dedicò, in seguito, un intiero libro. In America, frattanto, il cinema era già noto come fatto artistico nella gloriosa fucina di Mack Sennett e per le opere, se pure pletoricamente retoriche, ricche di trovate cinematografiche, di Griffith che, dallo stùdio degli italiani, aveva desunta quella tecnica dell'espressione artistica cinematografica che i suoi film dovevano rendere popolare in tutto il mondo. È a Griffith che si devono alcuni importanti saggi sulla natura del film, mentre, nel 1925, sua moglie pubblicava un libro di ricordi storicamente assai interessante: Quando il cinema era giovane. Il germe seminato in Francia dal Canudo e dal Delluc doveva produrre frutti eccellenti, concretatisi in una riflessione estetica, più matura e più solidamente radicata e materiata di esperienza, per opera di quella schiera di scrittori e di registi che si vuol designare come avanguardisti (Epstein, Jean Tedesco, René Clair, Marcel L'Herbier, Abel Gance, Moussinac, Germaine Dulac, Feyder) e che, nell'immediato dopo guerra, hanno sostituito, anche nella produzione, la prima schiera di direttori artistici ormai scaduti ad un livello bassamente commercialistico. Nonostante il carattere spesso oltransistico e paradossale dei manifesti, dei programmi e delle estetiche avan guardistiche, essi hanno l'indubbio merito di costituire, nel loro complesso, una preziosa indagine e quasi un catalogo dei mezzi tipici e specifici dell'arte del film. Questo movimento si vuol chiamare francese, \ benché abbia avuto una più o meno diretta origine dal Manifesto del cinema futurista di 1 Marinetti, che è del 1916; e benché sia riflesso di ■ uno stato d'animo diffuso e di vasta irradiazione e risonanza che ha prodotto correnti ed indirizzi ' simili anche in altri paesi: in# Germania ad esem ' pio, dove è rappresentato dal brillante teorico ed interessante regista Hans Richter, autore, nel 1919, di una Drammaturgia del Film e del piacevole atlante polemico Avversari del film di oggi, amici del film di domani. Quella che può dirsi la più rigorosa e densa trattazione estetica del film muto rimane però senza dubbio il primo libro di Béla Balàzs L'uomo vi I sibile (Vienna 1924). In esso, definitivamente scomparso ogni aspetto meramente divulgativo ed ogni positivistico tentativo di distinzione tra le arti, il cinema è affermato come valore estetico, non solo per le sue possibilità formali, ma anche, intuizione particolarmente geniale, per la novità ed esclusività del suo contenuto, quando sia un contenuto prettamente cinematografico. Il cinema è una rivelazione del cosmo e dell'uomo in particolare, cosicché ce lo rende per la prima volta visibile. L'importanza del primo piano, e del variare delle inquadrature, mediante le quali il regista « guida l'orecchio dello spettatore », sono in questa opera del Béla Balàzas definitivamente affermate. Ed è principalmente per questo suo aspetto che l'opera, tradotta in russo l'anno successivo della sua pubblicazione, influì su alcuni registi russi ed in particolare sul Pudovchin, che faceva allora, con Culiesciof, le sue prime armi. È a Pudovchin che si deve, nel 1926, il pregnante e limpido trattato sul soggetto e la regìa, pubblicato in Italia sotto il titolo Film e fonofilm (Roma 1935). nel quale si affermano alcuni princìpi che debbono poi divenire canonici per i cineasti di tutto il mondo : il tema, ovverosia la necessità di un contenuto concettuale in ogni film; il materiale plastico, traduzione del tema e del racconto destinato a dimostrarlo in elementi visivi e fotografa bili; l'idealità di tempo e di spazio nel cinema, per opera dell'inquadratura; il cinema senza attori; il montaggio considerato « quale base estetica del film ». Eisenstein, un altro campione della scuola russa, nei suoi Princìpi della forma cinematografica tentò un'estetica idealistico-hegeliana del cinematografo, affermando il film « quale rappresentazione di un conflitto in un'idea » e sostenendo la forma dialettica del montaggio, il cinema senza attori, negando, o riducendo di molto l'utilità della sceneggiatura e, infine, lanciando all'avvento del sonoro, con Pudovchin ed Alexandrof, il « manifesto per V asincronismo », che fu la più pronta e felice intuizione delle nuove possibilità di cui la tecnica, nel suo sviluppo, veniva a dotare il cinema. Nel 1928 S. A. Luciani, raccoglieva la somma delle sue esperienze, nell'interessante Antiteatro nel quale le sue prime notazioni tentavano organarsi in una visione sintetica. L'avvento del sonoro crea tutta una letteratura prò e contro questo tipo di film. Tutto l'avanguardismo francese misconosce l'importanza delle nuove scoperte; cui si schierano contro, in Italia, Pirandello, A. G. Bragaglia e il giovane Alessandro Blasetti, che s'era fatto paladino della rinascita, coi giornali Lo Schermo, Lo spettacolo, Italia e Cinematografo, nei quali