Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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I COMICI SCONTENTI QUESTO è il momento dei comici di varietà. Il pubblico si affolla nei teatri per vedere Macario, Totò, i De Rege, paga cifre, spesso molto alte, per assistere a degli spettacoli che non hanno, in fondo, nessuna speciale fisionomia, nessun particolare carattere, nemmeno quello della grandiosità o della precisione delle coreografie. Il pubblico ha solo voglia di divertirsi, di ridere, e, a onor del vero, si diverte con poco : gli scatti da burattino di Macario e il « Come son nervoso » di Taranto, che da anni immutabilmente si ripetono, gli bastano per determinare un clima di distensione di nervi e di invito alla spensieratezza. Naturale che, con l'abbandono di commedie fotografate che imperversa ancora nel cinema italiano, si sia pensato a questi comici di moda per realizzare dei film : naturalissimo che i film siano stati fatti e facilmente venduti. Più difficile a spiegarsi perchè queste pellicole abbiano fatto fiasco. Un assioma nel quale abbiamo ciecamente, o quasi, creduto per anni, è stato questo: « Il cinema americano ha raggiunto una sua personalità anche perchè ha scelto i suoi attori comici nel Music-hall e nel circo, anziché nel teatro. L'attore di varietà infatti, meno borioso, meno tronfio di se stesso, e non irrigidito in formule di recitazione di quello di teatro, è più spontaneo, più libero, e, in tal modo più prossimo alla commedia dell'arte. Il clown, poi, porta sullo schermo tutta la poesia e l'innocenza del circo dal quale proviene. E, documenti alla mano, citavano Chaplin, Laurei e Hardy, Roscoe Arbukle e simili arrivando poi con LA palla N. 13 di Buster Keaton a dimostrare come la comicità potesse raggiungere il surrealismo. Quando, ancora ai primi passi, o quasi, il cinema italiano si rivolse ai nostri attori d'avanspettacoli, ci esaltammo, pieni di disinteressata gioia. Poi, i fatti ci diedero torto. Uno dei primi film comici che ricordo, è aria di paese con Macario: un film pieno di buone intenzioni, ma che non convinceva nessuno. Era evidente in quella pellicola, il presupposto dal quale erano partiti realizzatori e interpreti : rifare una commedia di tipo americano. Si vedevano infatti, benché scuciti e, quasi lasciati a sé stessi, dei gags (Macario al dormitorio, Macario in treno, Macario e l'uomo cattivo), c'era il contrasto fondamentale, caro a Chaplin, fra il vagabondo straccione e la bella fanciulla vestita di bianco, persino il finale arieggiava alla commossa malinconia del celebre modello. Pure, il film non piacque: cosa naturalissima perchè si trattava di una imitazione senza vita di un genere di film che ha invece nella vitalità tutto il suo segreto di successo, aria di paese non concluse niente, in una parola, perchè Mac Sennett non è italiano, e perchè in Italia nulla è accaduto che giustifichi una sensibilità ed un modo d'intendere l'umorismo affini a quelli che dominano negli Stati Uniti. Se ho insistito un poco su questo film di Macario (film del quale per una specie di strano pudore, molti critici non hanno parlato affatto in occasione del successo di imputato, alzatevi!) è perchè penso che con quella pellicola sbagliata, i nostri produttori abbiano tentato una strada nuova per utilizzare, in cinematografia, gli attori di varietà. In seguito vi hanno in gran parte rinunziato, accontentandosi di fotografare quelle barzellette, quei giochi di parole, coi quali i nostri comici si sono costituiti fama e ricchezza. I film non ne hanno guadagnato in efficacia, né in forza di convincimento, e in una serie di interviste che Cinema ha pubblicato nel n. 82, i principali comici hanno dichiarato la loro insoddisfazione, il loro disappunto, per le fatiche cinematografiche sostenute, senza, tuttavia, indicare nessun rimedio. Mesi or sono, mi accadde di conoscere Nicola Maldacea; recatomi a casa sua, in una stanza che stava fra lo studio e il camerino, trovai un piccolo signore ormai anziano, che parlava con compostezza e con serenità. Naturalmente, dopo poco, cominciò a trarre dai cassetti delle valanghe di vecchie fotografie; ritratti di attrici celebri, da Cleo de Merode alla bella Otero, sbiadite scenografie, ma sopratutto, pose su pose delle famose macchiette di Maldacea. L'attore mi parlava intanto con nostalgia, ma senza enfasi, di quello che era stato il varietà nel primo decennio del nostro secolo, all'epoca dei suoi trionfi, nel Salone Margherita di Napoli o nell'Apollo di Milano : ed era facile per me ricostruire la fisionomia di quello che era stata allora una nuova forma di spettacolo, fisionomia di cui, troppo facilmente, si è vista in molte pellicole, solo il lato superficialmente umoristico (pochi film, come la dame de chez maxime di Korda sono scesi un pò più in fondo). Dal 1900 al 1910 il varietà aveva una sua caratteristica che forse si potrebbe chiamare di corruzione ingenua; nelle birrerie floreali o nei sotterranei fumosi di sigari, un pubblico (che oggi ci è notissimo nei suoi abbigliamenti per film come follie del secolo) andava in estasi per le attrici e per i flemmatici, gentiluomini e figli di papà si rovinavano a furia di cenette intime, mazzi di fiori e pendentif s di brillanti. In questo mondo semplice e innocente, in questa società che ignorava problemi e miserie che travagliavano il paese, il comico aveva il compito d'essere il superficiale e bonario giudice del costume. Tutte le macchiette di Maldacea hanno una intonazione di satira sociale: il superuomo, il collettivista, il cameriere mezzano, il falso credente, il capoccione della malavita. Cose che oggi ci sembrano lontanissime, sepolte, ma che pure hanno una fisionomia, un carattere, che appaiono come il simbolo di un'epoca. Cosa c'è, invece, di attuale, di aderente ai nostri tempi, nelle creazioni dei comici d'oggi? Un cambiamento essenziale avvenne nel varietà, n§i tristi anni della inflazione : in quel periodo di disordine e di sbandamento, il tabarin conobbe un'epoca d'oro ma anche di volgarità. Scomparsa l'aria gioiosa e tranquilla che dava un tono d'innocenza al vecchio cabaret, nei varietà vennero di mo