Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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DEI COMUNISTI DI HOLLYWOOD '«P t/i \ Com'è noto, Joan Crawford è stata una delle più movimentate comuniste di Hollywood. L'aggressione staliniana le consiglia oggi un atteggiamento pensoso e pentito DOPO tante chiassose dimostrazioni di simpatia per i Rossi, dopo tante clamorose fanfaronate e Comitati organizzati per la difesa degli interessi sovietici, Hollywood sta ricredendosi. Le testimonianze che arrivano di questi giorni dalla capitale americana del cinema sono eloquenti; gli industriali di Hollywood, gli attori e le attrici hanno aperto gli occhi. Da quando i Finlandesi hanno cominciato a picchiare sodo e comunicati sempre più numerosi hanno cominciato a descrivere le sconfitte subite dalle truppe sovietiche sul fronte settentrionale, nelle mentalità hollywoodiane si è prodotto un improvviso cambiamento. I comunisti — hanno cominciato ad argomentare quelle persone — le prendono di santa ragione; neppure industrialmente, può essere utile di continuare ad essere dalla loro parte; e, di punto in bianco, hanno disertato il campo. Un articolo pubblicato sulla rivista The American Mercury di febbraio, è assai sintomatico sotto questo punto di vista, inteso com'è ad illustrare, con grande copia di dati e di informazioni, il subitaneo voltafaccia. « Ormai — scrive William Bledsoe, autore dell'articolo succitato — l'infatuazione comunista della gente del cinema è venuta meno. Una traccia dell'antica fede è forse ancora presente nell'animo dei più infervorati seguaci, ma non è detto che, quando sarà pubblicato questo articolo, anche loro non siano tra gli apostati ». Tutto il movimento comunistoide che, a un certo momento, si era delineato nella gente di Hollywood, assumendo torme così strepitose, è ormai sulla via del tramonto. La sua morte, il suo improvviso collasso possono meritare qualche parola di necrologio. (< Io ho assistito — continua il Bledsoe, che era a quell'epoca direttore della rivista cinematografica Screen duild M agazine — alla levata di scudi della celluloide, nei suoi momenti più pittoreschi, ho visto la rivoluzione ingaggiata da Hollywood in favore dell'utopia comunista, ho assistito personalmente a quello che potrebbe chiamarsi il Putsch di Stalin. Ho visto ribollire dei nuovi accarezzati ideali coscienze di attori, scrittori e registi, ho seguito la sommossa nel suo divenire, attraverso comizi, raduni, conferenze, congressi, finché l'ondata raggiunse le persone più in vista e pezzi grossi non furono, più o meno segretamente, coinvolti nel movimento, agganciati a qualcuna delle moltissime « leche », sorte a difendere i pretesi ideali del osidetto Fronte comunista. La corrente filo-sovietica si ingigantiva, trovava modo di penetrare nella frivola vita di quel mondo, faceva dimenticare liti, gelosie, cause di separazione e divorzi, increspava Je acque delle piscine, serpeggiava tra i tavolini dei ristoranti e delle sale da ballo. Nuovi proletari, che guadagnavano 5000 dollari alla settimana, inneggiavano alle conquiste spirituali raggiunte, difendevano la Russia, la Spagna, la Cina dalle pretese aggressioni degli Stati totalitari. « Per comprendere appieno — spiega l'articolista — come questo movimento abbia potuto attecchire nelle coscienze di Hollywood, occorre sapere, che quasi ogni attore di grido e ogni scrittore e regista del cinema americano detesta il proprio lavoro. Sono persone che si struggono di esser costrette a fare del cinematografo, considerando che tale lavoro è al di sotto delle loro effettive possibilità. — povere vittime accalappiate da ingiusti contratti, che sognano letteratura e veri teatri al di là di quelli fittizi, dove poter più degnamente affermare il loro ingegno. Per vero dire, ci sono delle eccezioni; alcune di queste persone non sognano e, a poco a poco, si sono rassegnate alla loro sfarzosa schiavitù. Ma, per la massima parte, Hollywood è una città di scontenti. E questo, secondo il mio punto di vista, è proprio il motivo per cui l'utopia comunista ha preso piede ». Naturalmente, il Partito Comunista ha sfruttato a proprio vantaggio questo stato di cose e ha fatto splendidi affari. Finché il comunismo era soltanto un movimento rivoluzionario — come nota il giornalista americano — esso non poteva interessare queste anime tormentate; ma nel 1936, quando il movimento diventò democratico, jeffersoniano e liberale, il comunismo cominciò a scivolare nelle coscienze, un comunismo per bene, sbarbato, coi capelli coperti di brillantina, che offriva una ragione di vivere e, al tempo stesso, una specie di « alibi » o scusa per vivere in un modo così assurdamente raffinato. Attori 114