Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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PUBBLICO ETIOPICO IL cinema era arrivato ad Addis Abeba (parliamo al trapassato remoto) insieme al tabarino: ne era il parente più prossimo. Manifestazione di una cosiddetta « civiltà europea » comprata di seconda mano dai rivenduglioli francesi e dagli avventurieri d'ogni paese. Era, in un certo qual modo, il baraccone dei prodigi : vi potevano avere accesso, tra i nativi, i maggiorenti, i notabili. Le programmazioni di quella sala cinematografica erano vecchie e sdrucite « pizze » con didascalie francesi. La massa non ne sapeva niente. Divertimento da gente civilizzata. L'apparizione del cinematografo in mezzo alle masse etiopiche rimane legata al profondo rivolgimento che la conquista italiana ha operato sconvolgendo in quei paesi il feudalesimo schiavista che teneva il luogo di una comune forma di governo. Si ricorderà che già nelle tappe dell'avanzata, nei centri più popolosi, il carro cine-sonoro è arrivato insieme alle salmerie. Le proiezioni cinematografiche all'aperto durante l'avanzata e nel periodo immediatamente successivo all'occupazione hanno fatto parte di quel la rapida — e sia pur sommaria — educazione dei nativi, che è stata compiuta dai legionari. I ragazzi etiopici hanno imparato presto, meccanicamente, sillabando come i sordomuti per il linguaggio articolato, le canzoni dei legionari. E il cinematografo è arrivato con tutta quella gran ventata di miracoli che la conquista italiana ha portato nell'ultimo paese schiavista del mondo. Dinanzi allo schermo issato all'aperto c'è ora quello che io chiamerei « il pubblico più nuovo » per il cinematografo; pubblico che si ferma naturalmente alla meraviglia per il fatto meccanico. Questa meraviglia è in massima parte il suo divertimento. C'è, subito dopo, un interesse che io chiamerei « documentario » : è il mondo civile che si affaccia ai nativi dallo schermo. La finzione scenica non si rivela a tutta prima a questo pubblico « nuovo ». (È la stessa ragione per cui i 12 mila Galla che Giacosa aveva reclutato nella piana di Cobbò perchè Alessandrini potesse girare la battaglia di « Abuna Messias » se le davano di santa ragione). Da questi accenni parrebbe che mancasse agli occhi del pubblico etiopico lo spettacolo cinematografico vero e proprio. Al contrario, esso c'è. Alla finzione, ad una certa forma di « mimo » addirittura, gli etiopici danno una accentuata tendenza. Mi è accaduto di sorprendere in abitazioni di indigeni qualcuno che raccontava di una visita fatta in un ambiente italiano (nell'ambulatorio medico, in casa di un italiano, ecc.). Ebbene: la narrazione del fatto veniva accompagnata da tutto un rifacimento di gesti e di atteggiamenti : la vera e propria rievocazione della scena. È risaputo del resto come, in alcune « fantasie » etiopiche, oltre al canto e alla danza vi sia una vera e propria finzione scenica. Evidentemente quella del cinema è la più distante appunto perchè i nativi non si sono ancora familiarizzati con le immagini e col linguaggio dello schermo. Pare persino superfluo dire che nella vecchia Eritrea e in Somalia le cose stanno ben diversamente. Il pubblico è già avvezzo al cinema. Dalle immagini è passato a seguire il racconto: vede quindi il personaggio, giudica al di là del fatto meccanico e penetra al di là della semplice .meraviglia visiva. Giacché siamo venuti a parlare di giudizio, affrontiamo un discorso che è stato fatto da molti. Qual'è il gusto del pubblico etiopico? Ormai l'atteggiamento del pubblico etiopico, di fronte al cinematografo, può essere studiato a pieno agio là dove la macchina da proiezione ha preso una sede stabile : nel centro del quartiere indigeno di Addis Abeba, a Tede Haimanot. A chi abbia presente le caratteristiche dei centri urbani dell'Etiopia riesce facilmente spiegabile come il cinema debba essere legato al mercato. Le giornate di mercato sono anche le giornate di affollamento al cinema. In quei giorni la popolazione affluisce in città dalla periferia e dalle camapgne. C'è poi il giorno festivo, la domenica, giorno anche questo di folla al cinematografo. Prescindiamo, nel discutere dei gusti di questo pubblico, da un ragionamento normativo. Manteniamoci al livello di un'osservazione obiettiva. Ho assistito nella sala di Tede Haimanot alla proiezione del corsaro nero. Il film ha ottenuto un grande successo. Un baccano d'inferno agli episodi corsareschi : un vero e proprio « tifo ». L'eroe deve essere ai nativi di Etiopia presentato così : svelto, slanciato, impetuoso. Tipi tarchiati, sia pure audaci e possenti, non sono l'eroe. Questo pubblico ride della possanza d'un tipo come Wallace Beery. Alla proiezione di spavalderia le simpatie erano per George Raft. Anche nelle scene di sfida, proprio nei momenti in cui il nostro pubblico assaporerebbe la gioia di un pugno assestato dal Beery a George Raft, gli etiopici non sono dello stesso parere. La donna con la spada al fianco non la capiscono : e chi pensi alla posizione della donna nella società etiopica se ne rende pienamente conto. Alla proiezione del corsaro nero il pubblico di Tede Haimanot rideva alle prodezze della figlia del corsaro: non ci credeva. Ho visto in quel cinematografo un film dedicato a una regina. Nella pompa della corte regale