Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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l'attrice entusiasmava: era « Mariani » vale a dire una Madonna. Ma quando la regina ha indossato un abito guerriero (con tanto di pantaloni) e s'è messa a passare in rivista l'esercito, grasse risate in tutta la sala: «oiegud, oiegud! ». Tutto da ridere. Ricordo la proiezione d'un certo film di sinistre avventure; mi pare fosse intitolato al largo di shangai. Mi si chiarirono durante quello spettacolo numerosi pareri su certe ragioni di « moralità » del cinema di fronte alla mentalità della gente etiopica. Quelle due attrici — una delle quali in veste discinta di sirena — erano senza altro « sciarmutta ». Le scene d'amore non hanno mai avuto fortuna dinanzi al pubblico di Tede Haimanot. E di certi campioni di mascolinità in code di rondine, non è manco a dire tutto il ridicolo. In fatto d'amore sullo schermo è inutile fare una lunga chiacchierata. Me ne son fatta una opinione che potrà scandalizzare molto; me la son fatta osservando a lungo la pittura etiopica : da quell'argomento o si prescinde del tutto o si scantona subito nel culto fallico. È da tener presente che tra i nativi d'Etiopia non c'è il gusto di narrare con ricchezza di particolari l'avventura d'amore. La comune avventura cinematografica — l'idillio, la rivelazione, la riluttanza, il bacio appassionato — provoca tutto un seguito di risate. E se si volesse badare a quel certo lato « documentario » che il cinema offre ai nativi d'Etiopia, se ne potrebbero trarre utili ammaestramenti. Una particolarità che risalta all'osservazione: gli indigeni dinanzi alla rappresentazione di se stessi sullo schermo. Il solito negro che fa da comparsa (come servo, nei film americani per esempio, muove il pubblico etiopico al riso : è buffo per gli etiopici quel negro che fa le stesse cose che fanno i bianchi. Ma le risate più matte le ho sentite echeggiare durante la proiezione di sentinelle di bronzo e precisamente allo apparire dei quadri che in quel film rappresentano le truppe dell'ex negus... È facilmente comprensibile come la distinzione fatta a modo nostro, fra drammatico e comico venga ad essere sottoposta ad una totale revisione. Per citare un esempio: la figura della vittima o di un morto in primo piano non suscita pietà né commozione ma solleva sguaiate esclamazioni. Un atteggiamento intensamente drammatico (ad esempio il primo piano d'un attore dal volto imperlato di sudore) può suscitare il riso. Ad un'impressione d'assieme avuta nel buio di una sala cinematografica d'Etiopia potrebbe essere dedicata tutta una pagina di « colore ». Le apostrofi rivolte ai personaggi dal pubblico sarebbero di una tal pagina la maggior fatica. È logico poi che a valutare gli effetti di uno spettacolo cinematografico in questo ambiente vada tenuta d'occhio soltanto la platea. I notabili che con le loro famiglie sono nella loggia rimangono composti e solenni. Ma di tanto in tanto un degiac o la vicina ouizerò portano dinanzi alla bocca un lembo del mantello, con gravità: e il loro riso soffocato sembra un gorgoglio di tosse. Il documentario interessa maggiormente i nativi di Etiopia : specialmente quello delle grandi adunate, dei riti solenni, delle manifestazioni cui si vede assistere il Duce. Si fa allora un attento silenzio, quasi di chiesa, nella sala del cinema. È quello stesso silenzio riverente della folla indigena che fa corona alle nostre manifestazioni di piazza nelle terre dell'Impero. ETTORE a. MATTIA QUADERNETTO DI NOTE li Un film che vorrei fare: il buono a colori. Una specie di Cristo molto terreno, sulla quarantina, che compie miracoli in tecnicolor. Migliora gli uomini con l'azzurro; con il verde veronese. Tutti bianchi come latte un giorno, o rosa a striscie nere. Basta un po' di anilina nella pioggia per vedere la gente genuflessa lungo la strada. Un altro film: il mio paese. Un operatore, un elettricista, un operaio, l'aiuto regista ed io. Viviamo al mio paese quattro, cinque mesi, si spende poco, solo la pellicola. E la trama, lo spettacolo? Non ne ho, tutto mi sembra polvere rispetto all'idea: tre, quattro mesi al mio paese, circondato da una cinquantina di bambini ai quali posso dire in dialetto: ver la boca da peu {apri la bocca di più). Forse con questi ragazzi, potremo impadronirci veramente del paese, un paese senza libri, ma con grandi boschi, argini e il Po, cinquanta o cento ragazzi padroni di un paese pieno di peccatori e di artritici. * * * Un terzo film difficile (che cosa vuol dire difficile? quanti film facili sono finiti malissimo) . Una famiglia costretta per ragioni divine o umane a questo esperimento: il padre farà la parte del figlio, il figlio la parte del nonno, la serva della zia, la figlia della cugina. Non grottesco, molto serio, semplice. Impostato il lieve intreccio davanti alla famiglia normale lo si risolve con la famiglia fittizia tra le poche pareti della casa attraverso colloqui e situazioni sostenute con quella intransigenza che uno scopo edificante giustifica. La cosa più inaspettata che accada a chi entra nella vita (del cinema) è di trovarla quale gli è stata descritta, e quale la conosce già e la crede in teoria. L'uomo resta attonito di vedere verificata nel caso proprio la regola generale. Questo pensiero non è mio purtroppo , bensì di Leopardi. Io sapevo infatti che avrei in contrato molta gente furba, e se dovessi dichiarare che cosa mi ha colpito maggiormente nei primi contatti con questo mondo scriverei subito: la furberia. Vi sono i malvagi e gli onesti, come altrove, niente di romanzesco e di corrotto nella misura di una immaginazione provinciale. Ho visto chi lavora 12 ore al giorno, chi spacca il minuto agli appuntamenti, chi mantiene la parola data. Ma quanti furbi, furbi professionali, espliciti. Capisco, non è facile defurbizzare un ambiente, l'uomo rinuncia malvolentieri a questa sua qualità che gli permette di ottenere i massimi risultati con il minimo mezzo. Errore. La furberia è la vera causa di tanti straordinari rallentamenti, di troppe telefonate inutili. * * * Mi vanto educatamente di aver agitato il problema, si dice così, della tessere dopolavoro valide anche la domenica. Un mio scrittarello in proposito risale a parecchi mesi fa. Ora il provvedimento è stato preso, le serve, la povera gente, infine, in libera uscita solo i giorni festivi potrà così godere i vantaggi della giusta tessera. Io penso a un film sulle donne di servizio nel senso di approfittare del loro angolo visuale per vedere dentro alla nostra borghesia: non un film crepuscolare o molnariano, o socialistoide. Solo occupandoci del costume con maggior coraggio, noi faremo del cinema antiretorico. Esiste una lotta antiborghese nella quale il cinema è il grande assente. Sembra uno scherzo, se si pensa che il qo per cento dei cittadini ha un soggetto sotto la giacca, ma in certe ore del giorno verso il tramonto si cercano soggetti ansiosamente. Frasi correnti : « Entro sei giorni mi ci vorrebbe un soggetto, non so dove battere la testa ». Questa urgenza, il cercare a tentoni in un caffè, in una strada, non dimostra carenza di soggetti, ma l'esistenza di non pochi improvvisaton. CE8ARE ZAVATTINI 172