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+ + + + ECCELLENTE *** BUONO *■ + MEDIOCRE * SBAGLIATO
** L'UOMO SENZA TRAMONTO
(Cctte vietile canaille) Francia Prod. : Cipar Gc
neralcine Regia: Mehachiviane, A. Hobe Interpreti;
Harry Baur, Pietre Blanchot, Alice Field.
l'uomo senza tramonto (tit. orig. Cette vietile canaìlle) è l'esemplare francese dal quale con una esattezza matematica, non sappiamo se lodevole o no, Carlo Ludovico Bragaglia nel 1934 trasse l'omonimo film italiano con Mino Doro, R. Ruggeri e Carmen Boni. La vecchiezza del film che traspare massimamente dagli abbigliamenti e da certa scenografia, non trattandosi di un capolavoro, influiscono non poco sulla attrattiva spettacolare del lavoro. Harry Baur che regge sulle sue robuste spalle i buoni tre quarti di tutto il film ci appare in una recitazione piena di freni e di limiti e perciò considerevole, a differenza di Pierre Blanchar la cui caricata nervosità finisce per annoiare e per fare, del personaggio, contrariamente alle intenzioni, una noiosa e piuttosto antipatica figura. Un merito tuttavia non va disconosciuto al lavoro e precisamente quello di condurre in porto un soggetto in sé assurdo, più da teatro intimista che da cinematografo.
** LAILA
Danimarca Prod. : Nordista Ideal Film Regìa :
George Schneevoigt Interpreti: Alno Taube, Jngiald
Haaland, Robert Jonson, Peter Hcglund.
Le ingenuità tecniche e di racconto di questo film danese per quanto in sede strettamente oggettiva siano tutt'altro che trascurabili, lasciano tuttavia integro il tentativo di impostazione nobile del lavoro e quella sua aria fresca e quasi primitiva che raramente in film del genere c'era stato dato di osservare. Non voghamo certamente far paragoni assurdi ricordando ad esempio un eskimo, ma ci piace rammentarlo per far notare quanto elementi analoghi di situazioni e di luoghi narrati possano in effetto apparire tanto diversi quando nell'uno, come nel caso del capolavoro di Sternberg, pur dietro le luci di una grande arte, appaiono le levigatezze del mestiere e della recitazione, nell'altro una semplicità del tutto naturale e per questo poetica e umanamente drammatica. Questa edizione di laila è stata tratta da quella prima che lo stesso Schneevoigt girò in Norvegia nel 1929 e che fu interpretata da Mona Martenson e Peter Malberg su soggetto di J. A. Friis.
** I FIGLI DELLA NOTTE
Italia Prod.: Imperator E.N.l.C. Regìa: Benito Perojo Dirett. di prod. : G. Pela gallo, Salvio Valenti Scenegg. : Pejo, Aldo Vergano Tratto dalla commedia di Torrado e Navarro Scenografia : Angelo Salvo Operatore: Hans Scheib Interpreti: Esttellita Castto, Miguel Ligeto, Giulio Pena, Alberto Romea, Lily Vincenti, Giovanni Grasso.
Il soggetto di questo film è stato tratto da una commedia di Torrado e Navarro e racconta in tono burlesco le gesta di tre giovani che giuocano uno spassoso tiro alla sorella di uno di loro che vive in America e che inconsciamente fornisce i mezzi finanziari per la vita dei tre scapestrati e per le loro gesta.
Il film in verità risulta piuttosto modesto come fantasia di piccole risoluzioni e di trovate, che spesso sono un po' di seconda mano e quindi non raggiungono gli effetti voluti. Molta musica e molte canzoni cantate da Estrellita Castro animano per lo meno fonicamente il lavoro. Buona la parte scenografica e la fotografia. Regia alquanto incolore di Benito Perojo. {Foto Vaselli).
** ADORAZIONE
(The Woman I Love) U.S.A. Prod.: R.K.O. Minerva Regìa : Anatole Litval^ Sogg. : dal romanzo l'Equipage di J. Kessel Sceneggiatura: Ethel Borden Musica: A. Honegger , Roy Webb Operatore: Charles Rosher Interpreti: Paul Muni, Miriam Hopkins.
Benché il film adorazione sia stato programmato come prima per Roma, esso non rappresenta che una ripresa dopo la fugace apparizione del febbraio dell'anno scorso, durata se non erriamo appena due giorni, adorazione è il film al quale si. ispirò quel rifacimento francese giunto da noi con il titolo l'equipaggio e naturalmente la visione dell'originale giunto in ritardo viene notevolmente alterata e direi menomata nella sua novità di racconto dall'esemplare francese. Si tratta di un vecchio film americano e benché gli attori siano un Paul Muni e una Miriam Hopkins, la costruzione di questo drammone a sfondo psicologico, fa un po' l'effetto di quelle costruzioni posticce da esposizione, che rivelano a lungo andare le impalcature e il provvisorio.
*** PARADISO PERDUTO
(Paradis perdu) Ftancia Ptod. : Tatis E.l.A. Regìa: Abel Gange Sogg.: /. Thau Sceneggiatura: ]. Thau, S. Passeur Scenografia: Le Mahé Commento mus. : Hanj May Operatore : Matras Interpreti: Fernand Gtavey , Micheline Ptesle, Elvire Popesco, Alerme.
Per quanto paradiso perduto pecchi di una discontinuità e di difetti tutt'altro che lievi, esso è tuttavia a nostro avviso il film più interessante di questi ultimi giorni che sono stati caratterizzati da una massa in complesso piuttosto scadente di film. Interessante abbiamo detto più che altro per il nome di Abel Gance che ne è il regista e per la somma di esperienze e di ricordi che tale nome riassume. Dal periodo di napoleone che è del 1925, se si escludono le edizioni più recenti di quella mater dolorosa e della fine del mondo che recano una data di origine ancora più antica, la regìa di Gance fu sinonimo di una particolare maniera ampollosa e pretensiosa di raccontare, le cui caratteristiche furono destinate ad una vecchiezza precoce forse appunto a causa degli elementi puramente esteriori e di semplice decorazione di cui il regista francese aveva caro servirsi nel suo lavoro.
paradiso perduto al contrario sembra rivelarci un Gance molto mutato e nella cui opera una disciplina e una misura nuova si sono indubbiamente imposte. Qua e là reminiscenze dell'antica avanguardia, più che altro circoscritte a debolezze limitatamente fotografiche, mostrano come una devozione, ancora latente, per i vecchi amori, ma non sono affatto come un tempo il perno centrale di questa regìa, che anzi va diritta per la sua strada con la sola preoccupazione di raccontare e di colorire con ottime tinte. I primi due terzi del film sono indubbiamente i migliori, mentre il complesso finale, in cui il Gance piega anche lui il ginocchio all'America, pesa sul resto come una aggiunta inopportuna e piena di suoni falsi. Né ai fini di una economia del racconto ci si riesce a spiegare il perchè questa 'parte sia nata, dato che la storia poteva avere la sua logica conclusione assai prima e con mojta maggior dignità. Dignità che in fondo è sempre presente appunto in quei due terzi del film cui si è accennato.
La pittura del mondo dell'anteguerra è data con tocchi di una delicatezza da maestro, e il film porta con sé la leggerezza di figure a pastello, retto anche come è sulle note di una indovinata canzone.
La scenografia di Le Mahé pur con qualche debolezza puramente d'effetto che culmina nel cattivo gusto del pasticcione-rivista del finale, è per il resto pregevole ed elegantemente in aderenza con le cose narrate.
La recitazione di Fernand Gravey, dal viso aperto e simpatico è ottima da ogni punto di vista, escluso s'intende nella fine che precipita nel retorico e nel costruito, subendo del resto le sorti di ogni altro elemento del lavoro in questa parte. Marcelline Presle, Elvire Popesco, Alerme, sono fra gli altri attori quelli che aderiscono maggiormente alla regia dimostrando la loro intelligenza e sensibilità. C'è come il desiderio di mettersi al corrente con i tempi e di mettércisi con tutti gli elementi puramente esteriori e di gradevole facilità. Cosa questa che dà il senso di una stonatura con il resto.
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