Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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pretava così bene le ispirazioni capricciose e tutt' altro che caste dello strano Choux, anche quattro chiacchiere soltanto le avremmo fatte volentieri. Ma sarà per un'altra volta. Sull'imbrunire visitiamo Monique Thiebaut nel suo nuovo appartamento. È tutto un complesso di mobili gravi, quadri antichi, colonnette a spirale e tendaggi. Candelabri e chincaglie d'ogni genere sono sparsi da per tutto. Chi sa perchè questa giovanissima francesina ha voluto circondare di tanta austerità il suo brio e le sue gambe premiate a Deauville. Sono veramente notevoli, queste gambe; e non si può rimproverare alla sua proprietaria di nasconderle troppo. La Thiebaut è da poco nel cinema. « Mon début è stato jeunnes filles en detres SE ». « E poi? ». E poi ROSA DI SANGUE e dopo divorzeremo. Nient'altro. Naturalmente aspira a un ruolo tutto per sé; noi l'abbiamo veduta in uno solo dei suoi film ed è poco per giudicare. Tuttavia, a occhio e croce, si direbbe che la stoffa c'è. Neil 'uscire dalla vecchia casa c'investe un abbaiante groviglio di pel fulvo e di zampe. Quanti sono, M.lle Thiebaut? Solo tre? Ma dieci minuti non ci son bastati a spazzolarci i pantaloni. Giovedì. I nostri appunti recano un nome: Corinne Luchaire. La prima volta che vedemmo Corinne Luchaire fu al Lido, nel '38. I viali vestiti del precoce autunno avevano un'aria afflitta. Corinne passò, e sembrava preoccupata, o triste, o annoiata. La sua serietà aveva qualcosa di religioso, di mistico addirittura, che ci colpì. Tanto che questa è l'immagine che di lei serbammo fino a oggi. Né le sue pellicole erano tali da farcela mutare. Evidentemente era soltanto un'opinione. Oggi, entrando in teatro, vediamo Corinne al centro di un gruppo. Improvvisa scherzi e giuochetti, e tutti ridono divertiti. E anche lei ride, brevemente, seccamente. Ma non il fatto che l'attrice stia scherzando ci stupisce, bensì il modo: c'è in lei, nel suo allegro agitarsi qualche cosa d'inedito, che non sapremmo neppur definire. I gesti stessi sono inconsueti, il giuoco delle mani sopratutto : mani lunghe, pallide, in cui le unghie scarlatte sembrano gocce di sangue. Forse è proprio quest'essere briosa, spensierata, che stona in quel suo corpo piuttosto duro, in quel suo volto troppo adatto alla sofferenza. Siamo sinceri: anche la purezza dei suoi occhi appare provvisoria, de stinata a soccombere sotto un destino morboso. Questo, beninteso, al vederla. Che nei film le cose mutano aspetto. La Luchaire è troppo attrice, ha troppa sensibilità, troppa educazione artistica per non essere in grado di figurare in qualsiasi parte. Guardiamola adesso. Mattoli l'ha appena chiamata, che già ogni suo impulso è frenato. Il viso è composto a serietà assoluta, le mani fermate sulla borsetta, il corpo eretto senza oscillamenti : ecco la Luchaire di smarrimento, di conflitto, del Lido. Avrà un senso rilevare a questo punto che si è di fronte, tutto considerato, a una ragazza su cui si può discutere. C'è insomma un carattere, c'è una intelligenza, ci sono dei nervi, degli impulsi : di donne così fatte ha bisogno il cinema italiano. Ci informano che abbandono è a sfondo drammatico. Ma intorno alla Luchaire, quali aiuti di Mattoli (già regista di Macario), sono i bertoldiani Steno e Marchesi. Venerdì. Facciamo colazione con Jacqueline Delubac. Tra un risotto allo zafferano e una costoletta alla milanese (noi siamo settentrionali), la Delubac ci narra la sua storia. Che è molto semplice e anche un poco uniforme. Per sette anni moglie di Sacha Guitry, calcò le scene interpretando esclusivamente lavori di quest'ultimo. Ne risentì, a quanto dice, il suo temperamento, che costretto entro limiti definiti non ebbe modo di rivelare tutta la sua versatilità. « Adesso devo ritrovarmi. Tornerò al teatro in ottobre e per la prima volta apparirò in una commedia moderna, non di Guitry ». Dal palcoscenico giunse dunque al cinema. Ma, se non erriamo, anche qui i suoi ruoli si assomigliano un po' tutti. Sta il fatto che perfidia, sensualità, tradimento e altre cose del genere hanno sempre trovato in lei una fedele interprete. E non contano le sue proteste, le sue attestazioni di bontà : è una questione puramente fisica. È questo sorriso troppo scaltro, è questo sguardo infido anche nel mangiare il risotto. Non conosciamo tuttavia la parte che avrà nel film Scalerà la commedia della felicità: vedremo. « A me personalmente — prosegue l'attrice — la guerra ha portato fortuna. Parlo di quest'ultima guerra: dal giorno che è cominciata ho girato quattro film. Non c'è male, vero? ». Non c'è male. Ma il giornalista è un po Lo 'sguardo infido' di Jacqueline Delubac veromo, vedete?, basta una telefonata a ricacciarlo su un tassì diretto alla Farnesina, col boccone in gola. È Geza von Bolvary che andiamo a cercare. Ma il regista tedesco è partito da una settimana : ventidue lire di tassì buttate. Non ci rimane che Germaine Aussey, a Cinecittà. L'abbiamo veduta ier l'altro strillare e nascondere il viso in un tovagliolo sotto il fuoco d'una Leica indiscreta, non sarà male udire la sua voce. Ma nella grotta dove Gallone gira oltre l'amore sono tutti uomini; le donne oggi non c'entrano. Chi altro c'è allora? Una viennese: Greta Gonda, al teatro numero otto. Se mai qualcuno è in grado di evocare l'immagine di Poppea o di Messalina, questo qualcuno è oggi Greta Gonda, come già un tempo fu Rina De Liguoro. Quando entriamo la Gonda è in piedi davanti al banco dei giudici; sono i giudici di meucci. Il Presidente ha l'aspetto grave che hanno i Presidenti in buona fede, ha la parrucca bionda e i baffi spioventi. Ora è chino sul banco, verso la Gonda. Questa infila le dita nella parrucca e solletica il collo del Presidente. E intanto ride e mette fuori la lingua. Come una bambina, o come Poppea. Sabato. Con il permesso del buon Dio, anticipiamo d'un giorno il nostro sacrosanto riposo. MICHELANGELO ANTONIONI 257