Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

Record Details:

Something wrong or inaccurate about this page? Let us Know!

Thanks for helping us continually improve the quality of the Lantern search engine for all of our users! We have millions of scanned pages, so user reports are incredibly helpful for us to identify places where we can improve and update the metadata.

Please describe the issue below, and click "Submit" to send your comments to our team! If you'd prefer, you can also send us an email to mhdl@commarts.wisc.edu with your comments.




We use Optical Character Recognition (OCR) during our scanning and processing workflow to make the content of each page searchable. You can view the automatically generated text below as well as copy and paste individual pieces of text to quote in your own work.

Text recognition is never 100% accurate. Many parts of the scanned page may not be reflected in the OCR text output, including: images, page layout, certain fonts or handwriting.

SI DIREBBE CHE QUESTI RUSSI NON CONOSCANO LE TEORIE CHE NOI ATTRIBUIAMO LORO... PECCATO CHE IL PROFUMO DEL FRUTTO PROIBITO ABBIA CREATO IMMERITATE LEGGENDE HO VISTO in questi giorni (lampi sul Messico a parte) il primo film sovietico della mia vita. Per questo, non ho avuto bisogno di andare a nessuna serata d'eccezione, né a uno spettacolo privato: ho assistito alla proiezione di notti di Pietroburgo nel solito cinema vicino a casa mia, e senza nessuna speciale condizione. La cosa è stata molto semplice: passando, mi son caduti sott'occhio manifesti e cartelloni dello spettacolo. Una striscia avvisava <c Solo per questa sera », e infatti si notavano i preparativi per il lancio di un altro film. Una pellicola qualunque, tanto per riempire il calendario: il titolo, la tragedia di jegor, e le scarse notizie del manifesto (né regista, né produttrice, solo l'assicurazione che si trattava di « un romanzo di Dostojewsky ») non eran fatti certo per invogliare. Dalle fotografie, però, spirava un'aria nuova, un po' strana pei nostri schermi. A casa,' sfogliai il volume di Pasinetti, e, con l'aiuto di una illustrazione, fui certo : si trattava proprio del film di Grigori Roscial e Vera Stroeva, girato nel 1933 in Russia. Così la sera, fra i pochi infreddoliti spettatori, c'ero anch'io. Il desiderio morboso di veder pellicole della Sovkino non l'ho mai avuto, nemmeno negli anni famosi, quando i cineasti puntavano a occhi chiusi sulla produzione dell'U.R.S.S. Mancanza di desiderio dovuta, soprattutto, alla scarsa simpatia per il pensiero russo, specie per quello letterario (questa non è pretesa di critica, son solo gusti personali) : ma una certa curiosità si. Non sono forse i russi i piccoli padri delle teorie del montaggio? La questione dell'interprete non-attore, non sono stati loro a tirarla fuori? Questi fatti, senza tener conto della grammatica del film (illuminazione, trucco e nontrucco degli attori, angolazioni, ecc.) danno logicamente a chi si occupa, sia pur in teoria, di cinema, il desiderio di prender visione di quello che tali assiomi han messo al mondo nella loro patria d'origine. Bene, da un simile punto di vista, posso concludere che questo primo (e forse ultimo) contatto col film sovietico, è stata per me una delusione. Forse la tragedia di jegor sta alle notti di Pietroburgo, in fatto di mutilazioni della censura, come, a suo tempo, lampi sul Messico, stava a que viva Mexico. Ma non basta il lavoro di epurazione delle forbici a giustificare la povertà di racconto e l'ingenua insistenza su certi motivi, che caratterizzavano la pellicola. Pasinetti assicura che il film di Roscial è uno dei più significativi della produzione U.R.S.S. del 1933: può quindi essere preso, se non come pietra di paragone, almeno come esponente di una maniera cinematografica, e, come tale, biasimato con ragione. Si direbbe, commentavo vedendolo, che questi russi non conoscano le teorie che noi attribuia mo loro. A parte il fatto che il film è quanto di più sconclusionato e inorganico si possa inv maginare (colpa dei tagli, penserà lo spettatore benevolo) come racconto e come ritmo, quello che specialmente colpisce è la sproporzione fra scene inutili e superflue, e passaggi sbrigativi e scheletrici da una sequenza all'altra, tanto che si è ricorsi (colpa della censura?) nientemeno che alle didascalie integrative di felice memoria. Il soggetto riesce così incerto e insipido : il clarinettista Jegor, servo della gleba, vien liberato dal padrone musicofilo, il giorno che questi si accorse di aver a che fare con un violinista di genio. Jegor, coi soldi che il padrone gli ha dati, parte per Pietroburgo: per via, sciupa tutto, e arriva alla capitale povero ed affamato. Suona, con un colpo di audacia, in un concerto : ha successo, ma non lo sa sfruttare, per colpa soprattutto del suo carattere insofferente, che gli impedisce di scegliersi un protettore, e si riduce in miseria. Nel finale nebuloso, Jegor vede i condannati politici che partono per la Siberia, cantando una canzone triste : riconosce che la musica è sua, e cerca di gridarlo ai forzati, che si allontanano nella notte. Facile intuire subito a quali sviluppi politici si presti una vicenda di questo genere, e infatti, se pure le notti non hanno 'un esclusivo carattere di propaganda come altri film che conosciamo per sentito dire, approfittano delle occa 272