Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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LITTORIALI È UN VERO peccato che allo svolgimento dei « Littoriali » a Bologna non fosse presente almeno uno, almeno il più piccolo, almeno il più ottimista dei produttori cinematografici italiani. Avrebbe avuto molto da imparare, molte utili cose e nel riferirle più tardi ai colleghi, avrebbe certamente contribuito a rendere edotta molta gente responsabile di quello che i giovani pensano della nostra cinematografia, dei loro desideri, delle loro aspirazioni. Forse quel produttore, se fosse stato presente, si sarebbe sentito lusingato dal trovarsi un po' come parte in causa della serietà e dell'interesse con i quali la più preparata gioventù d'Italia ha affrontato tutti i problemi della cinematografia, li ha analizzati fino allo spasimo, li ha discussi da tutti i punti di vista, ha cercato di risolverli con idee chiare e precise. Le voci venivano da tutti i punti della penisola, e dalle Venezie alla Sicilia, dal Piemonte alle Puglie, costante ed uniforme è stata la critica alla nostra produzione : il nostro cinematografo non mostra l'Italia, non riferisce la nostra vita, è assente dal costume che guida l'esistenza quotidiana. A sentirle, quel produttore si sarebbe probabilmente rivolto nell'intimo delle domande scabrose, avrebbe più che mai riconosciuto la grande responsabilità del suo mestiere, e forse un po' della propria colpa. E riconoscere le proprie colpe è già un pentimento. Ma il produttore non c'era : e le voci si sono disciolte nell'aria fumosa della sala del convegno, mentre è restata l'eco nella folla degli altri, che in fondo erano già tutti convinti delle affermazioni. Lo spirito dei littoriali non è stato altro che la conferma di quello che giornalmente vien ripetuto dal pubblico di quasi tutta l'Italia. Si è riconosciuto alla nostra produzione un notevole progresso tecnico, una migliorata fattura, una scelta sempre più cosciente e oculata di interpreti, una migliorata « forma » nelle recitazioni, ma non si è ammesso affatto che i soggetti, e più ancora il contenuto spirituale in genere dei nostri film, sia quello che i giovani e con loro il pubblico italiano si attendono. Ciò che più ha colpito è stata l'unanimità di queste dichiarazioni e l'assenso che tutti hanno dimostrato allorché l'uno o l'altro dei relatori si soffermava su tale dichiarazione. In sostanza non sono certo le idee quelle che hanno fatto difetto a Bologna al convegno -di cinema. Ognuno aveva da tirarne fuori qualcuna; buone o meno buone; accettabili o discutibili, ma tutte logiche e definite, frutto palese di lunghe e ponderate considerazioni. Tolta quella naturale aggressività propria dei giovani in una discussione comune e pubblica, il tono generale è stato tale da far rimanere ben chiare nella mente di chi le ha ascoltate molte relazioni che hanno sopratutto mostrato che i giovani sono critici se J3° : CULTURA e ARTE BOLOGNA XVIII P. N. F. G. U. F. MESTIERE E 'LITTORIALI' veri e per ciò pericolosi di ogni attività dello spirito, ma che hanno anche indicato come nuove forze vadano costantemente preparandosi per entrare in un non lontano domani nella vita attiva del cinematografo. Se il bilancio così del convegn di critica cinematografica pu dirsi attivo, non altrettanto c'è sembrato quello del concorso per i soggetti. La disparità tra le idee formulate a piena voce e la sostanzialità di un lavoro scritto per il cinematografo è purtroppo balzata agli occhi di chiunque abbia avuto modo di osservare le due competizioni. Infatti i soggetti presentati se sono risultati ricchi di possibilità veramente poetiche d'ispirazione hanno tuttavia rivelato nella loro totalità una scarsa conoscenza della forma cinematografica e delle necessità di questo modo espressivo. Non si tratta di una mancanza di controllo che abbia portato a divagazioni assolutamente irrealizzabili su un piano pratico, ma, cosa ancora più seria, ad una leggerezza di esposizione che denota scarsa conoscenza di una scrittura cinematografica. E questo ci è sommamente spiaciuto, perchè quegli stessi giovani che hanno auspicato maggiore serietà e impegno nella nostra produzione, hanno poi scarsamente convalidato questi loro principi nel pratico svolgimento di un lavoro. Se si vuol veramente iniziare un mestiere, occorre conoscere perfettamente gli attrezzi e i sistemi materiali che servono per la fatica. Anche fare del cinema è un mestiere e come tale richiede appunto una conoscenza tecnica che è assolutamente indispensabile. Altrimenti quel tale produttore, se fosse stato presente, avrebbe con maggior sostegno di causa parlato come al solito di teoria e di astrattezza. In breve avremmo voluto vedere, nello spogliare quei soggetti, magari meno abbandoni poetici, ma più cinematografo, meno impressioni ed effetti puramente superficiali e più fatti veri e vivi. La maggior parte di coloro che hanno steso quei lavori, nella preoccupazione di dare un clima fervente di patriottismo, hanno dimenticato gli uomini nella realtà quotidiana e la loro vita normale ed umana. E lo strano è proprio che in sede di discussione critica questo è stato il maggiore appunto portato all'attuale produzione. Occorre perciò che i giovani prima di accingersi alla stesura di soggetti, in vista di una realizzazione o meno, prendano un contatto più diretto e più pratico con il normale lavoro che si svolge attorno ad un film. Che leggano molte sceneggiature, che entrino nei teatri di posa, che prendano contatto diretto con tecnici e con attori, in * una parola che cerchino di vivere per lo meno in fase preparatoria tutte quelle esperienze necessarie per dire domani e con sicurezza la propria parola. Solo così oltre alle voci di una discussione resteranno dei fatti concreti a testimonianza delle intenzioni, della serietà e della passione dei nuovi lavoratori del cinematografo. GIUSEPPE ISANI