Cinema (Rome) (Oct 1939 - Jun 1940)

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PITTURA E CIMEMA II. PRIDIO CONTATTO I. IL CASO di pittori, chiamati a prestare lavoro opera per la preparazione di film, è di quelli che si verificano comunemente nella cinematografia di tutti i paesi. Accanto al regista, ai suoi aiuti, ai vari tecnici specializzati nei diversi rami della produzione, esiste tutta una categoria di funzioni che, per il gusto, i valori, le evidenti qualità artistiche di cui necessitano, sono riservate a pittori. Si è arrivato da parte di qualcuno fino a definire il cinema una vera e ' propria « arte figurativa ». Vero è che l'opera del pittore, specialmente nella fase preliminare dei film, risulta di innegabile importanza, per tutte le ragioni che passeremo a considerare nel corso di queste nostre note. A confermare la necessità che talvolta si presenta al cinema di ricorrere a persone artisticamente formate secondo una buona educazione pittorica, ricordiamo che non è raro il caso di pittori, che, dal campo di competenza particolare alla propria preparazione, vengono assunti alla funzione più vasta, e direi eminente, qual'è quella del regista. Ma ciò, bene inteso, non va guardato come un fenomeno comune, e quello che a noi interessa dimostrare in questo momento è anzitutto il contributo offerto dalla pittura al cinema nella maniera che vorremmo dire ufficiale, cioè quel contributo inteso nei limiti della normale collaborazione dei pittori alla preparazione dei film. II. Pare che taluni francesi abbiano l'abitudine di dipingere, come fossero dei veri e propri quadri, quelle che dovranno essere poi le scene essenziali dei loro film. Qualche cosa di molto simile, per es. , è avvenuto per la sceneggiatura del film tedesco Hans im glùck, durante la cui stesura il pittore-regista Robert Herlth aveva disegnato tutti i paesaggi e le scene principali. Il primo accostamento all'atmosfera, il primo assaggio di quello che sarà il tono del racconto, il « la » su cui si accorderanno tutte le note seguenti è dato dunque, secondo quanto si dice, da uno studio nato dal pennello del pittore. Accertato o meno, questo uso francese va tenuto in conto d'ottimo suggerimento per chiunque voglia stabilire solidi ed efficaci punti di partenza, estremamente utili a ogni ulteriore sviluppo di un'opera cinematografica. Tali punti fissi, stabiliti in precedenza, possono costituire come il modello su cui intrecciare successivi ricami, e dipanare la matassa delle scene nel loro clima, nella loro densa atmosfera, e sopratutto nei loro aspetti esteriori, cioè a dire in tutti quei valori capaci di procurare a noi emozioni, in quanto percepibili per mezzo della vista. Un evidente e suggestivo ricorso a Mantegna ('Alleluja!' di K. Vidor) Sappiamo che ogni vicenda prende vita, vigore e verosimiglianza dal tono giusto dell'atmosfera e dell'ambiente in cui essa si svolge. Toccare il massimo possibile del tono per mezzo d'un quadro, il quale, per la natura stessa della pittura, ha poteri trasfigurativi non certo raggiungibili in alcun modo col cinematografo o con altri mezzi, e poi tener tale quadro a modello, significa imporsi una serietà di metodo, e coscienziosità di lavoro, tali da garantire in parte fin dall'inizio la riuscita dell'impresa. (Dico «in parte», perchè a nulla varrebbero i lodevolissimi sforzi e le amorevoli cure, senza un'adeguata dose di quelle qualità indispensabili a chi voglia fare del buon cinema). Sarebbe interessante sapere se il dipinto nasce direttamente dalla fantasia del pittore, senza il concorso del regista, o se sia quest'ultimo a suggerirne il tono e i motivi. Ciò per poter meglio stabilire quanto in questo proficuo lavoro spetti all'uno e all'altro, e chi più concorra alla definizione di certi valori del film Ma comunque dovesse avvenire la cosa, certo è che l'opera del pittore si mostrerebbe in ogni caso decisiva per quel tanto di personale e di appartenente alla pittura, cui risulterebbe improntata la scena nata dal pennello dell'artista. Quando Chenal affidò a G. C. Sensani l'incarico di iniziare lo studio dei costumi per il fu Mattia pascal, conseguo al pittore il copione perchè ne desse una personale interpretazione. Sensani, lodevolmente, si pose prima d'ogni cosa a interpretare i personaggi disegnandoli fin negli ambienti, costruendovi intorno figuu e scene. Pare che il regista fu molto contento dell'opera del pittore. Questo potrebbe valere come esempio per un caso in cui il regista, credendo nel pittore, si affidi a lui. Chi però non ricorda che l'opera stupenda di Andrea di Bonaiuto nella Cappella degli Spagnoli a Firenze sembra sbocciata secondo suggerimenti di Fra Zanobi de' Guasconi, o addirittura sugli esempi d'un Fra Domenico Cavalca o d'un Iacopo Passavanti, i quali sarebbero stati i veri e unici creatori delle complicate allegorie? Eppure solo il pennello d'un sommo artista poteva dare forme sì mirabili a quelle complicate fantasie di teologi, onde il merito dell'opera spetta a colui che bene sa ridurre le immagini della mente in forma visiva. Ma a ciò che abbiamo detto innanzi sull'uso attribuito ai francesi non siamo in grado di far da garanti. Possiamo in compenso matematicamente affermare — cosa che ha per noi uguale valore quanto l'altra — che molti sono i registi i quali hanno l'abitudine di rifarsi direttamente ai quadri dei grandi maestri della pittura, onde dare al proprio lavoro un carattere talmente denso, vivo e pieno, come di cosa intensamente e poeticamente sentita. Ciò vale quanto dire che le scene, anziché per commissione e su tema già stabilito, dipinte per fini puramente artistici dai grandi maestri dell'antichità o dai pittori più rappresentativi di tempi più recenti, sono prese e assunte nel cinematografo. E se in coscienza non si possono citare che pochissimi risultati eccellenti, quasi mai eccellentissimi, raggiunti finora nel cinema in tal modo, ciò mi pare si debba ascrivere a colpa dei registi i quali, evidentemente, poco riuscendo a entrare nello spirito dei grandi pittori — cosa invero molto difficile a chi non sia dotato di superiori qualità — non hanno saputo dire una parola definitiva sulle possibilità che in simili casi ha la pittura di tonificare e dar pregio al cinema. A tal proposito ricordo un singolare esperimento di molti anni fa : una vita di cristo in cui l'azione era guidata in modo che nei punti culminanti delle scene i personaggi venissero a assumere atteggiamenti tali da riprodurre perfettamente alcuni quadri di maestri antichi, finché gli stessi quadri venivano a sostituirsi dinanzi all'obiettivo. Così ci fu dato vedere, se ho buona memoria, l'Annunciazione della Chiesa di Gesù Cristo a Cortona, il Beato Angelico, la Natività o Notte del Correggio, e tante altre bellissime cose fisse, a guisa di quadri plastici. Anche se l'originalità delle trovate e il gusto sono discutibili, quale migliore testimonianza di compenetrazione dei fatti della pittura e quelli del cinema? Certo non pensarono gli antichi artisti che i canoni estetici della buona pittura dovessero un giorno indicare al cinematografo il modo migliore di in 356